Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,3

17 dicembre 2008


Malus I


Il Principe della Notte


Segreti in cantina.



Era ormai notte fonda quando Desirée rientrò. Il quartiere era profon­damente immerso nel sonno, fatta eccezione per un simpaticissimo cocker, che si mise ad abbaiare furiosamente svegliando tutti.
La ragazza si lasciò cadere sfinita sul letto, la testa le ronzava un po’ per la stanchezza e gli alcolici, inavvertitamente gli occhi le cadde­ro sul moni­tor spento e silenzioso, immobile come una sentinella nella pallida luce della luna che entrava dalla grande finestra. Le passarono in mente le scene del ricevimento mediamente gradevole ma, come previsto, inutile, per fortuna il buffet era stato sostanzioso e i vini pregiati, però eccessivamente freddi, forse erano stati tenuti troppo all’aperto, e anche lei, non era ancora stagione per serate sulle terrazze panoramiche, sciocchezze da sciccosi come diceva a ragione Gaby.
Scosse la testa, gente noiosa e presuntuosa, si alzò per andare a struccarsi, pas­sando davanti allo specchio per un attimo rimirò soddisfatta la propria figura, era slan­ciata, il corpo era flessuoso, l’abito molto semplice, un tubino di velluto nero, le calzava a pennello, dandole quel tono di classe a cui non era abituata nella sue quotidianità da maschiaccio. Però niente male le lunghe gambe. Sorrise al ricordo del tempo in cui temeva di rimanere un brutto anatroccolo, si sciolse i capelli, che le ri­caddero sulla schiena folti e scuri, oltre la sua immagine lo sguardo trovò il compu­ter, una leggere ruga segnò la sua alta fronte.
Si scompigliò i capelli per liberarli dalla fastidiosa piega e rivolse i grandi occhi allo specchio in modo da ammirarli in tutta la fatalità, con cui così spesso si era divertita a giocare, ma anche qui vi notò riflessa l’immagine del monitor.
Tornò indietro e lo accese, digitando immedia­tamente la pa­rola e quando, anche questa volta non accadde niente, cominciò a diventare impaziente. Velocemente le dita si mossero sulla ta­stira scrivendo velocemente come suo solito, ades­so riapparve la misteriosa scritta, brillò alcuni istanti sullo schermo, per svanire subito dopo, facendola imprecare.
« Maledizione! » scattò in piedi irritata per non avere avuto il tempo impedire che scomparisse, rima­se ferma al cen­tro della stanza fissando il monitor con sguardo di sfida.
Strinse i denti e prese a girare per la stanza come un animale in gabbia mordicchiandosi nervosamente le dita. In quell’istante squillò il cellulare, era Gaby.
« Ciao, sai stavo pensando che se non è stato uno scherzo, forse l’altro tuo PC… potrebbe avere registrato qualcosa, »
« È quello che stavo pensando anch’io »
« Sono sotto casa tua, salgo? »
« Aspetta, scendo io. Ciao » S’infilò velocemente dei lunghi calzettoni e gl’anfibi, mise una lunga giacca di pelle nera e presa una sciarpa nera, scese ed aprire all’amica, che l’attendeva impaziente alla porta, era in Jeans ed un maglione slabrato fatto a mano, per proteggersi dalla brezza notturna aveva attorcigliato intorno al collo una coloratissima sciarpa.
« È tutto il giorno che ci penso, ma non l’ ho detto prima perché c’era Sophie » proruppe appena la vide, ma Desirée la rimproverò.
« Quando pensi che possa diventare uno dei nostri? È nata qui, mi pare, inoltre è nostra amica da molto tempo »
« Che c’entra, non è del posto e certe cose non può capirle. Viene da una famiglia di banchieri parigini, che vuoi che capiscano quelli » Desirée in risposta alzò le spalle chiedendosi se le obbiezioni di Gaby potessero avere un qualche valore o se era semplicemente antico odio di classe o pregiudizio ideologico.
Girarono intorno alla casa, passando accanto al garage che in passato era stato una rimessa di carozze, arrivate in prossimità d’alcuni grandi abeti dove il viale si faceva più scuro ed incerto, accesero le torce elettriche dirigendosi verso il boschetto che si estendeva immediatamente dietro casa.
Un improvviso rumore alle loro spalle le fece trasalire, si voltarono di scatto, il fascio di luce delle torce illuminò i riccioli biondi di Sophie.
« Scusate, che fate al buio in giardino? »
« Noi? Tu! »
« Ho litigato col mentecatto, o meglio, inizialmente volevo fare una passeggiata romantica tra gli alberi fino alla scogliera, ma abbiamo litigato»
« Guarda, che la scogliera di notte è estremamente pericolosa » Gaby non aveva ben gradito quella sorpresa, Desirée la guardava indispettita, ma per altri motivi.
« Non dirmi, che ti stavi imboscando nel mio giardino? » le domandò a denti stretti, era molto gelosa delle sue cose.
« Giardino! Sono un paio d’ettari.»
« Tu hai casa tua! »
« Qui è più romantico! » Gaby, si era piazzata accanto a Sophie con le braccia incrociate sul petto in segno di sfida e la guardava con estrema diffidenza.
« E perché avreste litigato? »
« Voleva mangiare! »
« A quest’ora? » Desirée scosse la testa e si voltò proseguendo il cammino interrotto. Intanto Sophie spiegava con voce alterata dall’ira.
« Io gli ho detto, che l’unica categoria d’esseri viventi che mangia a quest’ora, sono i gatti randagi che svuotano i bidoni della spazzatura e che avrebbe potuto unirsi a loro. Quello è stato viziato! Ehi! Ma dove vai? »
« Gaby, falle giurare tutto quello che vuoi, ma dille dove stiamo andando.» Fu il secco ordine di Deisirée, Gaby invece sibillò.
« Tu non ci puoi venire con quell’abigliamento ». Sophie sollevò l’abito lungo mostrando le scarpe basse, le aveva messe per non sembrare troppo alta accanto al nuovo ragazzo, annodò su un fianco i lembi dell’abito, che in realtà servivano solo da contorno a due vertiginosi spacchi, allargò le braccia con un sorriso, così poteva andare ovunque.
Desirée intanto aveva raggiunto una piccola casetta di legno, che fungeva da ripostiglio degli attrezzi e stava tirando su una pesante botola dal pavimento, mettendo in vista delle strette scale.
« Ancora non mi avete detto dove stiamo andando » disse Sophie raggiungendola.
« Ho un altro computer più potente. Certo che gli uomini non sono più quelli di una volta » si limitò a dire Desirée, e mentre scendeva i primi gradini in pietra, aggiunse. « L’ultimo chiuda, che c’è corrente e io di spifferi stasera ne ho presi più del dovuto »
Sotto la botola si apriva una stretta galleria interamente scavata nella roccia e scarsamente illuminata da vecchie lampadine che penzolavano dalle pareti tenute da vecchi chiodi arrugunita, scendeva con una leggera, ma costante, rotazione verso il basso. Durante il tragitto Sophie non fece altro che giurare e rigiurare fedeltà e silenzio eterno, ottenendo in cambio da Gaby solo terribili minacce.
La galleria finiva in un’apertura buia.
« Questo è il pozzo, visto da metà altezza » le disse Desirée, indicando in alto la bocca del pozzo dalla quale filtrava una tenue luce.
Desirée si calò per prima all’interno, poggiando i piedi su di un piccolo rialzo posto più in basso, scese aggrappandosi alle sporgenze della pietra ed a dei perni di ferro inseriti tra i blocchi. Percorso un metro, con un salto scomparve all’interno di una fstretta essura, riapparendo poco dopo, per fare luce alle amiche. Sophie, meno agile, superò il vuoto solo per un pelo, giunta nella seconda galleria ansimante e giustamente indispettita, sbottò « Mi volete dire per quale caspita di motivo sto rischiando la vita? »
« Te lo deve dire lei » sentenziò Desirée.
« Perché io? » domandò Gaby sorpresa.
« Ma, se non me lo dice? »
« Perché è xenofoba »
« Che faccia tosta! Questo è quando si hanno i sensi di colpa… Io sono per l’amicizia tra i popoli e…»
Sophie perse la pazienza e con le braccia appoggiate sui fianchi, le intimò.
« O me lo dici, o me lo dici » Gaby sbuffò rassegnata.
« D’accordo, come sai c’è stata la guerra mondiale » ripresero a camminare seguendo la galleria questa volta più ampia.
Desirée apriva la fila intonando allegramente una canzonaccia pirata.
« Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto oh hoho e una bottiglia di rum. Il vento e il diavolo l’han portata in porto. Oh hoho e una bottiglia di rum»
« Allora, si parla spesso dello sbarco in Normandia, ma raramente vi s’include anche l’operato eroico e essenziale della Resistenza, senza il nostro lavoro qui non sarebbe riuscito a sbarcare nessuno. Vi fu un vero movimento popolare, tutto il paese era unito contro gli schifosi nazisti. Nei film questo è spesso taciuto, perché ormai si è imposta la glorificazione del sistema consumistico, l’esaltazione del capitalismo americano; sono solo propaganda»
« Guardami Gaby tesorino » l’interruppe con voce ammaliante Sophie.
« Io sono la personificazione del capitalismo e sono tanto felice ».
« No, della superficialità » ma Desirée le interruppe « Non vi siete ancora scocciate delle vostre inutili dispute politiche? »
« Tu piuttosto ipocrita da che parte stai? » le domandò Sophie che si stava veramente perdendo la pazienza, ma Desirée fece una piccola risatina e riprese a cantare « Quindici uomini…»
« Temo che la fase punk che ha avuto qualche anno fa, non sia ancora del tutto passata, è meglio non sapere cosa le gira nella testa ora. Allora vengo al punto » continuò Gaby
« Devi sapere che tra i sanguinari oppressori c’era anche il nonno di Desirée ». Questo Sophie non se lo sarebbe mai aspettato.
« Come mai? Era un collaborazionista? ».
« No, non collaborazionista, nazista » corresse Gaby.
« Tedesco, non nazista, sono due cose diverse, è come dire russo uguale comunista. Che c’entra? » strillò di rimando Desirée.
« Voi mi state facendo venire il mal di testa, da dove spunta questo nonno straniero? » intanto continuavano a scendere e Desirée, sempre cantando, aveva preso a guardare con attenzione la parete sinistra.
« Dall’invasione, ma mi stai ascoltando? Bisogna però riconoscere che era una persona leale, sai alcuni di quelli avevano di quelle manie d’onore militare, onestà etc. insomma era all’antica, così pur essendo un nemico riuscì a farsi rispettare, era un ottimo ufficiale di marina »
« Hai presente il film “Caccia ad Ottobre Rosso? Qualcosa di simile » specificò Desirée, che si era fermata vicino ad un blocco di pietra e cercava di spingerlo, le amiche l’aiutarono e le pietre si mossero aprendo uno spazio sufficiente a farle passare.
« Queste caverne nei secoli passati sono servite ai pirati ed ai contrabbandieri. Nei momenti di carestia da queste parti non restava altro da fare. Nessuno ha mai saputo che in questo trasognato paesino fu saltuariamente praticata la pirateria, per questo è molto importante che tu non dica mai niente di questi posti, ne va della rispettabilità della nostra storia » specificò Gaby prima di lasciare passare Sophie, che mise una mano sul cuore sollevando l’altra in tacito segno di giuramento, così poté varcare finalmente la soglia segreta.
« Altre scale! Per chi mi hai preso ». Desirée era andata avanti ed aveva acceso la luce. Le scale con i gradini dissestati proseguivano, ma la galleria ad una decina di metri da loro finiva in un’ampia caverna. Gaby aveva ripreso il racconto.
« Beh! È una storia molto romantica, volendo. Il nonno di Desirée s’innamorò della nonna ed il villaggio …»
« Del nonno ufficiale gentiluomo » volle concludere Sophie, ma Desirée che le stava davanti disse « No, non del nonno, di questo » indicando ciò che si trovava all’interno della caverna. Sophie si voltò verso la luce, da prima riuscì a prendere atto solo di una grossa massa grigia, ma quando la mise bene a fuoco non credette ai propri occhi, esclamando incredula.
« Porca la miseriaccia! Ma è pazzesco! » guardò meglio, non era possibile eppure aveva di fronte un sommergibile tedesco della seconda guerra mondiale in perfetto stato di conservazione, che galleggiava placidamente ormeggiato nel piccolo porto sotterraneo. Prendeva sia in altezza, sia in lunghezza quasi tutta la grotta, rispetto ai sottomarini moderni aveva uno scafo sottile ed allungato che lo faceva apparire quasi elegante, nonostante fosse fermo ed in evidente disarmo incuteva un inconscio e cupo timore, cui contribuivano i grossi pezzi d’artiglieria che armavano la torretta ancora minacciosamente puntati verso l’alto, contro un nemico che aveva vinto la guerra e si era dimenticato di loro. Alle funi d’acciaio erano fissate delle bandiere, strane bandiere: una francese, una tedesca e ben due grandi bandiere della pace, evidente sforzo di Gaby per bilanciare altri simboli molto negativi.
Le due amiche la stavano guardano con occhioni innocenti e pieni d’orgoglio.
« Bello vero? » chiese a conferma Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Una mattina lo videro affiorare dalle gelide acque a causa di un guasto al sistema d’areazione e fu subito amore » Gaby adesso era estremamente orgogliosa di poterle mostrare il loro segreto.
« Ma come si fa? È un sommergibile nazista » questo era inequivocabile date le grandi svastiche e croci bianco nere ben visibili sullo scafo insieme alla scritta U-933 la sigla del sommeribile.
« U-Boot » la corresse Desirée « U-933 Prinz Eisenhertz è un pezzo unico, appartiene al tipo VII/c 41, ma ha tante modifiche da essere quasi un c 42, il prototipo mai realizzato. Ha uno scafo doppio in teoria potrebbe raggiungere i 400 m. di profondità, quasi come i sommergibili d’oggi e una notevole capacità di fuoco di ben quattordici torpedo. Il motore a diesel è stato un po’ aggiornato, sai andava troppo piano » scese saltellando verso il molo, dove prese una lunga tavola che appoggiò al sottomarino per salirvi sopra, intanto Gaby con un accenno d’imbarazzo tentava di giustificare il fatto a Sophie che ancora non riusciva a capacitarsi.
« Devi capire Sophie, che quelli erano tempi molto inquieti ed insicuri, non si poteva sapere cosa sarebbe successo, per questo era meglio stare in guardia e premunirsi contro il peggio » continuò Gaby « Qui nessuno ha restituito le armi dopo la guerra »
« Hai finalmente capito, perché da queste parti nessuno vende casa? Hanno le cantine piene d’armi, che non sanno più com’eliminare » strillava Desirée dal sottomarino, agiungendo con vanto.
« La mia cantina è la più bella » e presa dall’entusiasmo si mise a ballare, facendo rimbombare cupamente l’acciaio dello scafo. Sophie guardandosi intorno stupita, raggiunse il piccolo molo ingombro di bidoni ed attrezzature varie coperti da grandi teloni incerati e si fermò sbalordita a guardare l’U-boot ancorato davanti a lei.
« Sono 67 metri di sottomarino, non è molto già all’epoca ce n’erano di molto più grandi, ma questo è micidiale. » continuò Desirée.
« Ma che senso ha? Dopo tanti anni. Questo enorme coso è bello, ma potrebbe andare bene solo per un museo navale, se davvero dovesse succedere qualcosa, che ci fai con questo? È un rottame » l’indignazione e l’offesa furono comuni.
« Non ha un filo di ruggine » protestò energicamente Gaby, mentre saliva sdegnata sul sommergibile, Desirée invece la guardava con un intimidatorio sorriso sulle labbra, a guardarla bene aveva qualcosa di tedesco, ferma su suo U-Boot a puntualizzare.
« Questo coso non è mai stato sconfitto da nessuno. Non sa cosa sia la sconfitta, ne tantomenno la ruggine, non riesce nemmeno ad immaginarsela. Dai sali » e corse via.
Sophie ancora poco convinta, passò con una certa prudenza sulla tavola e titubante mise piede sul sommergibile, si guardò intorno « È immenso, aspettatemi! ».
Le altre due si stavano già arrampicando sulla torretta, affrettò il passo e si trovò a passare accanto ai due pezzi d’artiglieria antiaerea, che visti da vicino le sembrarono giganteschi, ne urtò uno facendolo ruotare di poco, vedendoli così mobili, quasi fossero vivi, si spaventò e si precipitò dalle amiche, ma le raggiunse solo all’interno del sommergibile, dove erano comodamente sedute ai posti di comando a sorseggiare cognac e chiacchierare serenamente, quasi fosse il salotto di casa.
« Incredibile… » disse guardandosi intorno.
Il sommergibile sembrava non essere mai stato abbandonato, era come se stesse aspettando l’equipaggio per salpare. Solo alcune parti in ottone lucidato a specchio e le spartane poltrone di pelle lasciavano trasparire uno stile passato. Le apparecchiature erano in funzione e segnalavano una serie di dati a lei incomprensibili. Vi era stata apportata qualche modifica, come indicavano alcune apparecchiature evidentemente nuovissime e d’alta tecnologia.
« In pratica mio nonno si è trovato nella posizione di chi vince tutte le battaglie, ma qualcun’ altro perde la guerra » le spiegò Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Come in Caccia ad Ottobre Rosso appunto» precisò Gaby.
« Si, ma se non ricordo male, Ottobre Rosso alla fine viene consegnato agli americani » Desirée corrugò la fronte, l’idea della consegna non le piaceva molto.
« Questo U-boot è stato ufficialmente affondato come tutti gli altri che rifiutarono l’umiliazione della resa sotto l’onta della bandiera pirata imposta dagl’inglesi. E poi che c’entra? I generali quelli che stanno per terra, come che si chiamano… non hanno mica restituito i carriarmati, li hanno semplicemente lasciati in giro. Qui abbiamo fatto la stessa cosa, cosa c’è che non va? » spiegò Desirée.
« Come ragionamento, non regge molto »
Desirée da accanto alla poltrona prese una bottiglia di cognac e si riempì la coppa, mentre Gaby aggiungeva con malizia « Suo nonno aveva ricevuto un’offerta migliore» scoppiò a ridere « O meglio, l’offerta fu fatta da una personcina molto attraente » Sophie non era ancora del tutto convinta.
« Questo è furto e tradimento » e indicandole aggiunge « Da entrambe le parti »
« A chi? » il tono di Gaby era decisamente impertinente « Ad uno stato che non esiste più? Questo è stato un risarcimento per danni fisici e morali, mai sentito parlare di danni di guerra? »
Il volto di Desirée si era fatto scuro, fissava il cognac che ondeggiava nel vetro.
« Nessuno nella mia famiglia ha mai tradito » intanto Gaby precisava con rabbia.
« Ehi! Questo all’epoca era un gioiellino veramente prezioso, consegnarlo avrebbe significato darlo agli inglesi! Stai scherzando? Stava in acque francesi, quindi era francese. Col paese alla fame, non si fanno regali agli stranieri » Desirée invece, aveva preso proprio male l’accusa di tradimento e aveva messo il broncio « Nessun uomo libero è tenuto a seguire un capo indegno e vile, è una vergogna. È dagli albori del Medioevo che noi siamo stati uomini liberi e volendo anche prima, perché nemmeno i Romani sono riusciti a conquistarci e dovremmo sottostare agli ordini di un imbianchino austriaco d’estrazione proletaria? Ma stiamo scherzando? » respresse un brivido di disgusto, bevve il cognac come per togliersi il sapore disgustoso dalla bocca.
« La stessa parola Franchi significa liberi » aggiunse Gaby confondendo leggermente le due parti belligeranti.
« Qui non si capisce chi di voi due stia farneticando di più » volle puntualizzare Sophie, ma fu interrotta da Gaby che questa volta Gaby ebbe più pazienza di Desirée e con voce un po’ più pacata tentò di rispiegare il loro punto di vista.
« Vedi, fratellanza ed uguaglianza, non sono parole dette a caso, ma sono la base inalienabile d’ogni rapporto umano, non si può vivere senza. Per questo, i nostri nonni alla fine si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda ed hanno trovano un accordo civile ed umano, prima e meglio delle autorità statali, che tra l’altro in quel momento erano venute meno, fermo restando i miei dubbi sull’utilità dello stato padrone ».
« Forse avete ragione, ma un conto è pensarlo e uno è vederlo» Sophie era un po’ impacciata.
« Esiste anche ciò che non si vede o che s’ignora » commentò cupa Desirée « E purtroppo l’uguaglianza, la fratellanza e la libertà non sono visibili, per chi non sa vedere colpiscono più le differenze e l’odio » concluse sempre imbronciata.
« Quindi » disse riassumendo Sophie « Se ho ben capito nel dopoguerra per sfuggire la fame questo paese si è dato al contrabbando e la locanda serviva da copertura per il via vai di gente »
« Mica solo nel dopoguerra, sono secoli che va avanti questa storia» precisò Desirée con una punta d’orgoglio, aggiungendo « C’è sempre stato bisogno d’arrotondare le entrate ».
« Certo, da quando esiste un potere centrale ladro e padrone, che per inseguire interessi capitalisti impedisce il libero scambio di merci tra popoli amici e soffoca ogni forma di commercio solidale. » intervenne con enfasi Gaby.
« Forse sarebbe più preciso dire, da quando c’è gente che non si fa i fatti suoi e pretende di ficcare il naso negli affari degl’altri » puntualizzò più onestamente Desirée.
« Ragazze a costo di deludervi, ma il contrabbando non è commercio solidale »
« Come no: solidale con noi stessi, mi sembra più che giustificato, è amicizia tra popoli come giustamente dice Gaby » obiettò Desirée.
« In caso di nuovo conflitto internazionale o grave crisi economica Desirée riaprirà la locanda » spiegò Gaby alzando il bicchiere per un brindisi, Desirée rispose alzando il suo.
« Anche perché ho ancora i magazzini pieni di superalcolici, non ne posso più di biscottini al rum, torta al rum, crema al rum, arrosto al… »
« Basta! Abbiamo capito. Vuoi vedere il resto? » chiese Gaby alzandosi per interrompere la litania di Desirée che rischiava di diventare lunga, Sophie annuì e la seguì.
Appena furono uscite, Desirée si alzò e raggiunse la scaletta che portava all’interno della torretta dove si trovava il posto di comando in combattimento. Quel vano forse più di ogni altro era stato invaso dall’alta tecnologia, tre schermi a cristalli liquidi, più uno che dava la posizione tridimensionale dell’U-boot, erano stati sistemati nei pochi spazzi lasciati liberi dagli strumenti, molti dei quali erano stati rimossi e sostituiti con apparecchiature più moderne, tanto da fare somigliare la cabina di comando più all’interno di un’astronave che a quello di un vecchio sottomarino.
Desirée si sedette sul seggiolino scrichiolante, allungò la mano sulla tastiera che stava alla sua destra e digitò nuovamente la parola misteriosa. Il vano s’illuminò leggermente, su uno schermo trasparente, che le stava di fianco, presero a scorrere cartine di terre lontane percorse da brevi guizzi di luce.
La ragazza le osservava impassibile, solo una sottile ruga sulla fronte lasciava trasparire i suoi pensieri. Si sporse e con un tasto accese il quadro di comando poco più in basso, poi digitò velocemente qualcos’ altro sulla tastiera, continuando a tenere d’occhio lo schermo. Le attrezzature stavano assorbendo una grande quantità di dati, quando il turbinio di segni rallentò, disse tra sé a bassa voce « Da personcina educata bisogna rispondere ». Nuovamente le dita si mossero sulla tastiera. Le immagini dello schermo ebbero un sussulto e come risucchiate, presero a mostrare a volo d’uccello paesaggi a gran velocità, per terminare in una distesa di ghiaccio che specchiava una luce acecante e spegnersi improvvisamente in un’esplosione infuocata.
« Bene » un altro tocco e stampò su carta alcune righe.
Nel fra tempo erano tornate le altre due.
« È tornato? » domandò Gaby affacciandosi dal basso.
« No, ma ho scoperto che ha lasciato delle tracce nella memoria, sono riuscita a stamparle, però non riesco assolu­tamente a capire di che co­sa si tratta. Aspetta arrivo » disse porgendole il foglio ed apprestandosi a scendere. Gaby prese a studiarlo con grande interesse.
« Sono rune? » domandò Sophie, ma Gaby scosse la testa meditabonda.
« No, una variante depravata dell’alfabeto latino, comun­que dalla co­struzione delle frasi non si direbbe nemmeno una lingua ger­manica, sembrerebbe quasi che qualcuno abbia trascritto in germanico un testo di un’altra lingua, usando questi caratteri abnormi »
« In altre parole, non c’è speranza »
« No Sophie, è solo più complesso del previsto.»
« Quanto tempo pensi ti occorrerà per decifrarne il si­gnificato? » s'informò Desirée.
« Domani vado in città e faccio un salto in biblioteca, forse trovo qualcuno che mi può dare una mano, comunque per capire quello che c'è scritto, senza attendere una traduzione precisa, credo non ci vorranno più di due giorni. »
« E la parola che lampeggiava, non hai idea che significa­to possa avere? » domandò Desirée.
« È proprio quella che mi lascia alquanto perplessa, si tratta di una definizione nordica per indicare i draghi, signi­fica qualcosa di simile a volato­re della penombra o colui che vola nella penombra. Spero solo che il re­stante testo non sia nello stesso stile ».
« Un intero testo è sempre meglio di una singola parola, forse riusciamo a fare qualche passo avanti » osservò Sophie.
« Vuoi vedere come c’immergiamo? » domandò Desirée cambiando argomento.
« No, No, ferme! Non fate scherzi. Posso guardare dal periscopio? Ho sempre sognato di farlo » Desirée ridacchiò.
« Non ti spaventare, per muovere questo coso serve un equipaggio per di più in gamba altrimenti sono guai »
Fecero scendere il periscopio da combattimento e le permisero di guardarci dentro girandolo in tutte le direzioni.
« Vi chiedo scusa, questo è un giocattolo bellissimo » Le altre due sorrissero come per dire “ te l’avevamo detto”.
L’interesse di Sophie per l’U-boot e l’orgoglio di Gaby e Desirée nel mostrarglielo, fecero dimenticare i misteriosi messaggi e le apprensioni che avevano creato, solo abbandonando il ponte di comando Gaby notò, accanto alla poltrona sulla quale era stata seduta Desirée, inciso il nome del nonno W.H. von Drachenhof, anche il suo nome aveva a che fare con i draghi, e l’attuale cognome di Desirée de la Cour du Dracon non era altro che la traslazione in francese, scosse le spalle, coincidenze.
« Ma perché, se tutti i vostri discorsi sulla libertà sono veri, non togliete quella gigantesca svastica dal sommergibile? Fa un po’ senso » osservò Sophie uscendo dalla torretta mentre lasciavano l’U-boot.
« U-Boot, prego. Beh sai… se qualcuno ci dovesse avvistare e dicesse di avere visto un U-Boot nazista lo ricoverano in neurologia. Tra l’altro abbiamo provato a nascondere le svastiche con una rosa bianca* che io c’ ho attaccato sopra, ma si stacca sempre. Gaby ne ha ordinata una nuova che speriamo sia più resistente »
« Che cavolo di vernici usavano all’epoca! Non vanno via in nessun modo, accidenti a loro » protestò Gaby, alla quale quei segni provocavano un sincero mal di stomaco.
« Capito, ma che ci fate con un sommergibile? »
« Noi qualche passegiata, vuoi mettere un U-Boot con una barchetta a vela o un banalissimo surf » disse divertita Desirée, mentre Gaby con un po’ di vergogna ammetteva.
« Potrebbe sembrare snobbismo intellettuale, ma ci piace differenziarci dai cult dei consumi di massa compresi quelli elitari di sinistra. Ti prego di non pensare che sia per la sensazione di potere che potrebbe dare il girare su un U-boot, tu sai che io sono una convinta pacifista »
« E se qualcuno vi dovesse dire qualcosa? »
« Si becca un bel siluro, perché anche di quelli ho una notevole scorta da smaltire, tutto quest’esplosivo sotto casa mi da decisamente fastidio, metti una frana, un qualcosa del genere, e qui salta in aria tutto » disse Desirée leggermente seccata,
« E se doveste incontrare un sommergibile atomico sovietico o americano, come dicono nei films Classe quello Classe quell’altro? » Gaby stava per rispondere, ma Desirée le tolse la parola ed allargando le bracia in un gesto di fatalità ammise.
« Sono cavoli amari »
« Ma è un lupo grigio » protestò Gaby, ma Desirée le fece notare.
« Sì, ma per restare nel regno animale: è una lumaca. Gli altri in imersione vanno alla stessa velocità di noi in emersione, sempre se ci va bene, per non parlare dei siluri intelligenti che una volta che ti hanno agganciato ti seguono fino a casa e suonano il campanello per stanarti. Porca miseriacci, mi fanno proprio… »
« Come avete fatto finora? »
« Furbizia. Siamo sempre riusciti a far credere d’essere qualcun altro, per fortuna Russi ed Americani non si parlano molto »
« Più che furbi, siamo fortunati » puntualizzò Desirée.
« Dite le verità, gli ideali non c’entrano niente, qui se lo sono tenuto semplicemente perché piace » concluse Sophie, le altre due amiccarono con un sorriso.Ferme sulla banchina ammirarono il loro U-boot, sperando in cuor loro che la fortuna non le avrebbe abbandonate e che come l’ultimo esemplare di una rara specie animale, il loro lupo grigio sarebbe sfuggito all’uomo moderno e a salvarsi dal gelo della guerra fredda ancora in atto.
* La rosa bianca era l’emblema della lotta studentesca tedesca contro il nazionalsocialismo.

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