Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,3

17 dicembre 2008


Malus I


Il Principe della Notte


Segreti in cantina.



Era ormai notte fonda quando Desirée rientrò. Il quartiere era profon­damente immerso nel sonno, fatta eccezione per un simpaticissimo cocker, che si mise ad abbaiare furiosamente svegliando tutti.
La ragazza si lasciò cadere sfinita sul letto, la testa le ronzava un po’ per la stanchezza e gli alcolici, inavvertitamente gli occhi le cadde­ro sul moni­tor spento e silenzioso, immobile come una sentinella nella pallida luce della luna che entrava dalla grande finestra. Le passarono in mente le scene del ricevimento mediamente gradevole ma, come previsto, inutile, per fortuna il buffet era stato sostanzioso e i vini pregiati, però eccessivamente freddi, forse erano stati tenuti troppo all’aperto, e anche lei, non era ancora stagione per serate sulle terrazze panoramiche, sciocchezze da sciccosi come diceva a ragione Gaby.
Scosse la testa, gente noiosa e presuntuosa, si alzò per andare a struccarsi, pas­sando davanti allo specchio per un attimo rimirò soddisfatta la propria figura, era slan­ciata, il corpo era flessuoso, l’abito molto semplice, un tubino di velluto nero, le calzava a pennello, dandole quel tono di classe a cui non era abituata nella sue quotidianità da maschiaccio. Però niente male le lunghe gambe. Sorrise al ricordo del tempo in cui temeva di rimanere un brutto anatroccolo, si sciolse i capelli, che le ri­caddero sulla schiena folti e scuri, oltre la sua immagine lo sguardo trovò il compu­ter, una leggere ruga segnò la sua alta fronte.
Si scompigliò i capelli per liberarli dalla fastidiosa piega e rivolse i grandi occhi allo specchio in modo da ammirarli in tutta la fatalità, con cui così spesso si era divertita a giocare, ma anche qui vi notò riflessa l’immagine del monitor.
Tornò indietro e lo accese, digitando immedia­tamente la pa­rola e quando, anche questa volta non accadde niente, cominciò a diventare impaziente. Velocemente le dita si mossero sulla ta­stira scrivendo velocemente come suo solito, ades­so riapparve la misteriosa scritta, brillò alcuni istanti sullo schermo, per svanire subito dopo, facendola imprecare.
« Maledizione! » scattò in piedi irritata per non avere avuto il tempo impedire che scomparisse, rima­se ferma al cen­tro della stanza fissando il monitor con sguardo di sfida.
Strinse i denti e prese a girare per la stanza come un animale in gabbia mordicchiandosi nervosamente le dita. In quell’istante squillò il cellulare, era Gaby.
« Ciao, sai stavo pensando che se non è stato uno scherzo, forse l’altro tuo PC… potrebbe avere registrato qualcosa, »
« È quello che stavo pensando anch’io »
« Sono sotto casa tua, salgo? »
« Aspetta, scendo io. Ciao » S’infilò velocemente dei lunghi calzettoni e gl’anfibi, mise una lunga giacca di pelle nera e presa una sciarpa nera, scese ed aprire all’amica, che l’attendeva impaziente alla porta, era in Jeans ed un maglione slabrato fatto a mano, per proteggersi dalla brezza notturna aveva attorcigliato intorno al collo una coloratissima sciarpa.
« È tutto il giorno che ci penso, ma non l’ ho detto prima perché c’era Sophie » proruppe appena la vide, ma Desirée la rimproverò.
« Quando pensi che possa diventare uno dei nostri? È nata qui, mi pare, inoltre è nostra amica da molto tempo »
« Che c’entra, non è del posto e certe cose non può capirle. Viene da una famiglia di banchieri parigini, che vuoi che capiscano quelli » Desirée in risposta alzò le spalle chiedendosi se le obbiezioni di Gaby potessero avere un qualche valore o se era semplicemente antico odio di classe o pregiudizio ideologico.
Girarono intorno alla casa, passando accanto al garage che in passato era stato una rimessa di carozze, arrivate in prossimità d’alcuni grandi abeti dove il viale si faceva più scuro ed incerto, accesero le torce elettriche dirigendosi verso il boschetto che si estendeva immediatamente dietro casa.
Un improvviso rumore alle loro spalle le fece trasalire, si voltarono di scatto, il fascio di luce delle torce illuminò i riccioli biondi di Sophie.
« Scusate, che fate al buio in giardino? »
« Noi? Tu! »
« Ho litigato col mentecatto, o meglio, inizialmente volevo fare una passeggiata romantica tra gli alberi fino alla scogliera, ma abbiamo litigato»
« Guarda, che la scogliera di notte è estremamente pericolosa » Gaby non aveva ben gradito quella sorpresa, Desirée la guardava indispettita, ma per altri motivi.
« Non dirmi, che ti stavi imboscando nel mio giardino? » le domandò a denti stretti, era molto gelosa delle sue cose.
« Giardino! Sono un paio d’ettari.»
« Tu hai casa tua! »
« Qui è più romantico! » Gaby, si era piazzata accanto a Sophie con le braccia incrociate sul petto in segno di sfida e la guardava con estrema diffidenza.
« E perché avreste litigato? »
« Voleva mangiare! »
« A quest’ora? » Desirée scosse la testa e si voltò proseguendo il cammino interrotto. Intanto Sophie spiegava con voce alterata dall’ira.
« Io gli ho detto, che l’unica categoria d’esseri viventi che mangia a quest’ora, sono i gatti randagi che svuotano i bidoni della spazzatura e che avrebbe potuto unirsi a loro. Quello è stato viziato! Ehi! Ma dove vai? »
« Gaby, falle giurare tutto quello che vuoi, ma dille dove stiamo andando.» Fu il secco ordine di Deisirée, Gaby invece sibillò.
« Tu non ci puoi venire con quell’abigliamento ». Sophie sollevò l’abito lungo mostrando le scarpe basse, le aveva messe per non sembrare troppo alta accanto al nuovo ragazzo, annodò su un fianco i lembi dell’abito, che in realtà servivano solo da contorno a due vertiginosi spacchi, allargò le braccia con un sorriso, così poteva andare ovunque.
Desirée intanto aveva raggiunto una piccola casetta di legno, che fungeva da ripostiglio degli attrezzi e stava tirando su una pesante botola dal pavimento, mettendo in vista delle strette scale.
« Ancora non mi avete detto dove stiamo andando » disse Sophie raggiungendola.
« Ho un altro computer più potente. Certo che gli uomini non sono più quelli di una volta » si limitò a dire Desirée, e mentre scendeva i primi gradini in pietra, aggiunse. « L’ultimo chiuda, che c’è corrente e io di spifferi stasera ne ho presi più del dovuto »
Sotto la botola si apriva una stretta galleria interamente scavata nella roccia e scarsamente illuminata da vecchie lampadine che penzolavano dalle pareti tenute da vecchi chiodi arrugunita, scendeva con una leggera, ma costante, rotazione verso il basso. Durante il tragitto Sophie non fece altro che giurare e rigiurare fedeltà e silenzio eterno, ottenendo in cambio da Gaby solo terribili minacce.
La galleria finiva in un’apertura buia.
« Questo è il pozzo, visto da metà altezza » le disse Desirée, indicando in alto la bocca del pozzo dalla quale filtrava una tenue luce.
Desirée si calò per prima all’interno, poggiando i piedi su di un piccolo rialzo posto più in basso, scese aggrappandosi alle sporgenze della pietra ed a dei perni di ferro inseriti tra i blocchi. Percorso un metro, con un salto scomparve all’interno di una fstretta essura, riapparendo poco dopo, per fare luce alle amiche. Sophie, meno agile, superò il vuoto solo per un pelo, giunta nella seconda galleria ansimante e giustamente indispettita, sbottò « Mi volete dire per quale caspita di motivo sto rischiando la vita? »
« Te lo deve dire lei » sentenziò Desirée.
« Perché io? » domandò Gaby sorpresa.
« Ma, se non me lo dice? »
« Perché è xenofoba »
« Che faccia tosta! Questo è quando si hanno i sensi di colpa… Io sono per l’amicizia tra i popoli e…»
Sophie perse la pazienza e con le braccia appoggiate sui fianchi, le intimò.
« O me lo dici, o me lo dici » Gaby sbuffò rassegnata.
« D’accordo, come sai c’è stata la guerra mondiale » ripresero a camminare seguendo la galleria questa volta più ampia.
Desirée apriva la fila intonando allegramente una canzonaccia pirata.
« Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto oh hoho e una bottiglia di rum. Il vento e il diavolo l’han portata in porto. Oh hoho e una bottiglia di rum»
« Allora, si parla spesso dello sbarco in Normandia, ma raramente vi s’include anche l’operato eroico e essenziale della Resistenza, senza il nostro lavoro qui non sarebbe riuscito a sbarcare nessuno. Vi fu un vero movimento popolare, tutto il paese era unito contro gli schifosi nazisti. Nei film questo è spesso taciuto, perché ormai si è imposta la glorificazione del sistema consumistico, l’esaltazione del capitalismo americano; sono solo propaganda»
« Guardami Gaby tesorino » l’interruppe con voce ammaliante Sophie.
« Io sono la personificazione del capitalismo e sono tanto felice ».
« No, della superficialità » ma Desirée le interruppe « Non vi siete ancora scocciate delle vostre inutili dispute politiche? »
« Tu piuttosto ipocrita da che parte stai? » le domandò Sophie che si stava veramente perdendo la pazienza, ma Desirée fece una piccola risatina e riprese a cantare « Quindici uomini…»
« Temo che la fase punk che ha avuto qualche anno fa, non sia ancora del tutto passata, è meglio non sapere cosa le gira nella testa ora. Allora vengo al punto » continuò Gaby
« Devi sapere che tra i sanguinari oppressori c’era anche il nonno di Desirée ». Questo Sophie non se lo sarebbe mai aspettato.
« Come mai? Era un collaborazionista? ».
« No, non collaborazionista, nazista » corresse Gaby.
« Tedesco, non nazista, sono due cose diverse, è come dire russo uguale comunista. Che c’entra? » strillò di rimando Desirée.
« Voi mi state facendo venire il mal di testa, da dove spunta questo nonno straniero? » intanto continuavano a scendere e Desirée, sempre cantando, aveva preso a guardare con attenzione la parete sinistra.
« Dall’invasione, ma mi stai ascoltando? Bisogna però riconoscere che era una persona leale, sai alcuni di quelli avevano di quelle manie d’onore militare, onestà etc. insomma era all’antica, così pur essendo un nemico riuscì a farsi rispettare, era un ottimo ufficiale di marina »
« Hai presente il film “Caccia ad Ottobre Rosso? Qualcosa di simile » specificò Desirée, che si era fermata vicino ad un blocco di pietra e cercava di spingerlo, le amiche l’aiutarono e le pietre si mossero aprendo uno spazio sufficiente a farle passare.
« Queste caverne nei secoli passati sono servite ai pirati ed ai contrabbandieri. Nei momenti di carestia da queste parti non restava altro da fare. Nessuno ha mai saputo che in questo trasognato paesino fu saltuariamente praticata la pirateria, per questo è molto importante che tu non dica mai niente di questi posti, ne va della rispettabilità della nostra storia » specificò Gaby prima di lasciare passare Sophie, che mise una mano sul cuore sollevando l’altra in tacito segno di giuramento, così poté varcare finalmente la soglia segreta.
« Altre scale! Per chi mi hai preso ». Desirée era andata avanti ed aveva acceso la luce. Le scale con i gradini dissestati proseguivano, ma la galleria ad una decina di metri da loro finiva in un’ampia caverna. Gaby aveva ripreso il racconto.
« Beh! È una storia molto romantica, volendo. Il nonno di Desirée s’innamorò della nonna ed il villaggio …»
« Del nonno ufficiale gentiluomo » volle concludere Sophie, ma Desirée che le stava davanti disse « No, non del nonno, di questo » indicando ciò che si trovava all’interno della caverna. Sophie si voltò verso la luce, da prima riuscì a prendere atto solo di una grossa massa grigia, ma quando la mise bene a fuoco non credette ai propri occhi, esclamando incredula.
« Porca la miseriaccia! Ma è pazzesco! » guardò meglio, non era possibile eppure aveva di fronte un sommergibile tedesco della seconda guerra mondiale in perfetto stato di conservazione, che galleggiava placidamente ormeggiato nel piccolo porto sotterraneo. Prendeva sia in altezza, sia in lunghezza quasi tutta la grotta, rispetto ai sottomarini moderni aveva uno scafo sottile ed allungato che lo faceva apparire quasi elegante, nonostante fosse fermo ed in evidente disarmo incuteva un inconscio e cupo timore, cui contribuivano i grossi pezzi d’artiglieria che armavano la torretta ancora minacciosamente puntati verso l’alto, contro un nemico che aveva vinto la guerra e si era dimenticato di loro. Alle funi d’acciaio erano fissate delle bandiere, strane bandiere: una francese, una tedesca e ben due grandi bandiere della pace, evidente sforzo di Gaby per bilanciare altri simboli molto negativi.
Le due amiche la stavano guardano con occhioni innocenti e pieni d’orgoglio.
« Bello vero? » chiese a conferma Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Una mattina lo videro affiorare dalle gelide acque a causa di un guasto al sistema d’areazione e fu subito amore » Gaby adesso era estremamente orgogliosa di poterle mostrare il loro segreto.
« Ma come si fa? È un sommergibile nazista » questo era inequivocabile date le grandi svastiche e croci bianco nere ben visibili sullo scafo insieme alla scritta U-933 la sigla del sommeribile.
« U-Boot » la corresse Desirée « U-933 Prinz Eisenhertz è un pezzo unico, appartiene al tipo VII/c 41, ma ha tante modifiche da essere quasi un c 42, il prototipo mai realizzato. Ha uno scafo doppio in teoria potrebbe raggiungere i 400 m. di profondità, quasi come i sommergibili d’oggi e una notevole capacità di fuoco di ben quattordici torpedo. Il motore a diesel è stato un po’ aggiornato, sai andava troppo piano » scese saltellando verso il molo, dove prese una lunga tavola che appoggiò al sottomarino per salirvi sopra, intanto Gaby con un accenno d’imbarazzo tentava di giustificare il fatto a Sophie che ancora non riusciva a capacitarsi.
« Devi capire Sophie, che quelli erano tempi molto inquieti ed insicuri, non si poteva sapere cosa sarebbe successo, per questo era meglio stare in guardia e premunirsi contro il peggio » continuò Gaby « Qui nessuno ha restituito le armi dopo la guerra »
« Hai finalmente capito, perché da queste parti nessuno vende casa? Hanno le cantine piene d’armi, che non sanno più com’eliminare » strillava Desirée dal sottomarino, agiungendo con vanto.
« La mia cantina è la più bella » e presa dall’entusiasmo si mise a ballare, facendo rimbombare cupamente l’acciaio dello scafo. Sophie guardandosi intorno stupita, raggiunse il piccolo molo ingombro di bidoni ed attrezzature varie coperti da grandi teloni incerati e si fermò sbalordita a guardare l’U-boot ancorato davanti a lei.
« Sono 67 metri di sottomarino, non è molto già all’epoca ce n’erano di molto più grandi, ma questo è micidiale. » continuò Desirée.
« Ma che senso ha? Dopo tanti anni. Questo enorme coso è bello, ma potrebbe andare bene solo per un museo navale, se davvero dovesse succedere qualcosa, che ci fai con questo? È un rottame » l’indignazione e l’offesa furono comuni.
« Non ha un filo di ruggine » protestò energicamente Gaby, mentre saliva sdegnata sul sommergibile, Desirée invece la guardava con un intimidatorio sorriso sulle labbra, a guardarla bene aveva qualcosa di tedesco, ferma su suo U-Boot a puntualizzare.
« Questo coso non è mai stato sconfitto da nessuno. Non sa cosa sia la sconfitta, ne tantomenno la ruggine, non riesce nemmeno ad immaginarsela. Dai sali » e corse via.
Sophie ancora poco convinta, passò con una certa prudenza sulla tavola e titubante mise piede sul sommergibile, si guardò intorno « È immenso, aspettatemi! ».
Le altre due si stavano già arrampicando sulla torretta, affrettò il passo e si trovò a passare accanto ai due pezzi d’artiglieria antiaerea, che visti da vicino le sembrarono giganteschi, ne urtò uno facendolo ruotare di poco, vedendoli così mobili, quasi fossero vivi, si spaventò e si precipitò dalle amiche, ma le raggiunse solo all’interno del sommergibile, dove erano comodamente sedute ai posti di comando a sorseggiare cognac e chiacchierare serenamente, quasi fosse il salotto di casa.
« Incredibile… » disse guardandosi intorno.
Il sommergibile sembrava non essere mai stato abbandonato, era come se stesse aspettando l’equipaggio per salpare. Solo alcune parti in ottone lucidato a specchio e le spartane poltrone di pelle lasciavano trasparire uno stile passato. Le apparecchiature erano in funzione e segnalavano una serie di dati a lei incomprensibili. Vi era stata apportata qualche modifica, come indicavano alcune apparecchiature evidentemente nuovissime e d’alta tecnologia.
« In pratica mio nonno si è trovato nella posizione di chi vince tutte le battaglie, ma qualcun’ altro perde la guerra » le spiegò Desirée.
Sophie era ancora senza parole.
« Come in Caccia ad Ottobre Rosso appunto» precisò Gaby.
« Si, ma se non ricordo male, Ottobre Rosso alla fine viene consegnato agli americani » Desirée corrugò la fronte, l’idea della consegna non le piaceva molto.
« Questo U-boot è stato ufficialmente affondato come tutti gli altri che rifiutarono l’umiliazione della resa sotto l’onta della bandiera pirata imposta dagl’inglesi. E poi che c’entra? I generali quelli che stanno per terra, come che si chiamano… non hanno mica restituito i carriarmati, li hanno semplicemente lasciati in giro. Qui abbiamo fatto la stessa cosa, cosa c’è che non va? » spiegò Desirée.
« Come ragionamento, non regge molto »
Desirée da accanto alla poltrona prese una bottiglia di cognac e si riempì la coppa, mentre Gaby aggiungeva con malizia « Suo nonno aveva ricevuto un’offerta migliore» scoppiò a ridere « O meglio, l’offerta fu fatta da una personcina molto attraente » Sophie non era ancora del tutto convinta.
« Questo è furto e tradimento » e indicandole aggiunge « Da entrambe le parti »
« A chi? » il tono di Gaby era decisamente impertinente « Ad uno stato che non esiste più? Questo è stato un risarcimento per danni fisici e morali, mai sentito parlare di danni di guerra? »
Il volto di Desirée si era fatto scuro, fissava il cognac che ondeggiava nel vetro.
« Nessuno nella mia famiglia ha mai tradito » intanto Gaby precisava con rabbia.
« Ehi! Questo all’epoca era un gioiellino veramente prezioso, consegnarlo avrebbe significato darlo agli inglesi! Stai scherzando? Stava in acque francesi, quindi era francese. Col paese alla fame, non si fanno regali agli stranieri » Desirée invece, aveva preso proprio male l’accusa di tradimento e aveva messo il broncio « Nessun uomo libero è tenuto a seguire un capo indegno e vile, è una vergogna. È dagli albori del Medioevo che noi siamo stati uomini liberi e volendo anche prima, perché nemmeno i Romani sono riusciti a conquistarci e dovremmo sottostare agli ordini di un imbianchino austriaco d’estrazione proletaria? Ma stiamo scherzando? » respresse un brivido di disgusto, bevve il cognac come per togliersi il sapore disgustoso dalla bocca.
« La stessa parola Franchi significa liberi » aggiunse Gaby confondendo leggermente le due parti belligeranti.
« Qui non si capisce chi di voi due stia farneticando di più » volle puntualizzare Sophie, ma fu interrotta da Gaby che questa volta Gaby ebbe più pazienza di Desirée e con voce un po’ più pacata tentò di rispiegare il loro punto di vista.
« Vedi, fratellanza ed uguaglianza, non sono parole dette a caso, ma sono la base inalienabile d’ogni rapporto umano, non si può vivere senza. Per questo, i nostri nonni alla fine si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda ed hanno trovano un accordo civile ed umano, prima e meglio delle autorità statali, che tra l’altro in quel momento erano venute meno, fermo restando i miei dubbi sull’utilità dello stato padrone ».
« Forse avete ragione, ma un conto è pensarlo e uno è vederlo» Sophie era un po’ impacciata.
« Esiste anche ciò che non si vede o che s’ignora » commentò cupa Desirée « E purtroppo l’uguaglianza, la fratellanza e la libertà non sono visibili, per chi non sa vedere colpiscono più le differenze e l’odio » concluse sempre imbronciata.
« Quindi » disse riassumendo Sophie « Se ho ben capito nel dopoguerra per sfuggire la fame questo paese si è dato al contrabbando e la locanda serviva da copertura per il via vai di gente »
« Mica solo nel dopoguerra, sono secoli che va avanti questa storia» precisò Desirée con una punta d’orgoglio, aggiungendo « C’è sempre stato bisogno d’arrotondare le entrate ».
« Certo, da quando esiste un potere centrale ladro e padrone, che per inseguire interessi capitalisti impedisce il libero scambio di merci tra popoli amici e soffoca ogni forma di commercio solidale. » intervenne con enfasi Gaby.
« Forse sarebbe più preciso dire, da quando c’è gente che non si fa i fatti suoi e pretende di ficcare il naso negli affari degl’altri » puntualizzò più onestamente Desirée.
« Ragazze a costo di deludervi, ma il contrabbando non è commercio solidale »
« Come no: solidale con noi stessi, mi sembra più che giustificato, è amicizia tra popoli come giustamente dice Gaby » obiettò Desirée.
« In caso di nuovo conflitto internazionale o grave crisi economica Desirée riaprirà la locanda » spiegò Gaby alzando il bicchiere per un brindisi, Desirée rispose alzando il suo.
« Anche perché ho ancora i magazzini pieni di superalcolici, non ne posso più di biscottini al rum, torta al rum, crema al rum, arrosto al… »
« Basta! Abbiamo capito. Vuoi vedere il resto? » chiese Gaby alzandosi per interrompere la litania di Desirée che rischiava di diventare lunga, Sophie annuì e la seguì.
Appena furono uscite, Desirée si alzò e raggiunse la scaletta che portava all’interno della torretta dove si trovava il posto di comando in combattimento. Quel vano forse più di ogni altro era stato invaso dall’alta tecnologia, tre schermi a cristalli liquidi, più uno che dava la posizione tridimensionale dell’U-boot, erano stati sistemati nei pochi spazzi lasciati liberi dagli strumenti, molti dei quali erano stati rimossi e sostituiti con apparecchiature più moderne, tanto da fare somigliare la cabina di comando più all’interno di un’astronave che a quello di un vecchio sottomarino.
Desirée si sedette sul seggiolino scrichiolante, allungò la mano sulla tastiera che stava alla sua destra e digitò nuovamente la parola misteriosa. Il vano s’illuminò leggermente, su uno schermo trasparente, che le stava di fianco, presero a scorrere cartine di terre lontane percorse da brevi guizzi di luce.
La ragazza le osservava impassibile, solo una sottile ruga sulla fronte lasciava trasparire i suoi pensieri. Si sporse e con un tasto accese il quadro di comando poco più in basso, poi digitò velocemente qualcos’ altro sulla tastiera, continuando a tenere d’occhio lo schermo. Le attrezzature stavano assorbendo una grande quantità di dati, quando il turbinio di segni rallentò, disse tra sé a bassa voce « Da personcina educata bisogna rispondere ». Nuovamente le dita si mossero sulla tastiera. Le immagini dello schermo ebbero un sussulto e come risucchiate, presero a mostrare a volo d’uccello paesaggi a gran velocità, per terminare in una distesa di ghiaccio che specchiava una luce acecante e spegnersi improvvisamente in un’esplosione infuocata.
« Bene » un altro tocco e stampò su carta alcune righe.
Nel fra tempo erano tornate le altre due.
« È tornato? » domandò Gaby affacciandosi dal basso.
« No, ma ho scoperto che ha lasciato delle tracce nella memoria, sono riuscita a stamparle, però non riesco assolu­tamente a capire di che co­sa si tratta. Aspetta arrivo » disse porgendole il foglio ed apprestandosi a scendere. Gaby prese a studiarlo con grande interesse.
« Sono rune? » domandò Sophie, ma Gaby scosse la testa meditabonda.
« No, una variante depravata dell’alfabeto latino, comun­que dalla co­struzione delle frasi non si direbbe nemmeno una lingua ger­manica, sembrerebbe quasi che qualcuno abbia trascritto in germanico un testo di un’altra lingua, usando questi caratteri abnormi »
« In altre parole, non c’è speranza »
« No Sophie, è solo più complesso del previsto.»
« Quanto tempo pensi ti occorrerà per decifrarne il si­gnificato? » s'informò Desirée.
« Domani vado in città e faccio un salto in biblioteca, forse trovo qualcuno che mi può dare una mano, comunque per capire quello che c'è scritto, senza attendere una traduzione precisa, credo non ci vorranno più di due giorni. »
« E la parola che lampeggiava, non hai idea che significa­to possa avere? » domandò Desirée.
« È proprio quella che mi lascia alquanto perplessa, si tratta di una definizione nordica per indicare i draghi, signi­fica qualcosa di simile a volato­re della penombra o colui che vola nella penombra. Spero solo che il re­stante testo non sia nello stesso stile ».
« Un intero testo è sempre meglio di una singola parola, forse riusciamo a fare qualche passo avanti » osservò Sophie.
« Vuoi vedere come c’immergiamo? » domandò Desirée cambiando argomento.
« No, No, ferme! Non fate scherzi. Posso guardare dal periscopio? Ho sempre sognato di farlo » Desirée ridacchiò.
« Non ti spaventare, per muovere questo coso serve un equipaggio per di più in gamba altrimenti sono guai »
Fecero scendere il periscopio da combattimento e le permisero di guardarci dentro girandolo in tutte le direzioni.
« Vi chiedo scusa, questo è un giocattolo bellissimo » Le altre due sorrissero come per dire “ te l’avevamo detto”.
L’interesse di Sophie per l’U-boot e l’orgoglio di Gaby e Desirée nel mostrarglielo, fecero dimenticare i misteriosi messaggi e le apprensioni che avevano creato, solo abbandonando il ponte di comando Gaby notò, accanto alla poltrona sulla quale era stata seduta Desirée, inciso il nome del nonno W.H. von Drachenhof, anche il suo nome aveva a che fare con i draghi, e l’attuale cognome di Desirée de la Cour du Dracon non era altro che la traslazione in francese, scosse le spalle, coincidenze.
« Ma perché, se tutti i vostri discorsi sulla libertà sono veri, non togliete quella gigantesca svastica dal sommergibile? Fa un po’ senso » osservò Sophie uscendo dalla torretta mentre lasciavano l’U-boot.
« U-Boot, prego. Beh sai… se qualcuno ci dovesse avvistare e dicesse di avere visto un U-Boot nazista lo ricoverano in neurologia. Tra l’altro abbiamo provato a nascondere le svastiche con una rosa bianca* che io c’ ho attaccato sopra, ma si stacca sempre. Gaby ne ha ordinata una nuova che speriamo sia più resistente »
« Che cavolo di vernici usavano all’epoca! Non vanno via in nessun modo, accidenti a loro » protestò Gaby, alla quale quei segni provocavano un sincero mal di stomaco.
« Capito, ma che ci fate con un sommergibile? »
« Noi qualche passegiata, vuoi mettere un U-Boot con una barchetta a vela o un banalissimo surf » disse divertita Desirée, mentre Gaby con un po’ di vergogna ammetteva.
« Potrebbe sembrare snobbismo intellettuale, ma ci piace differenziarci dai cult dei consumi di massa compresi quelli elitari di sinistra. Ti prego di non pensare che sia per la sensazione di potere che potrebbe dare il girare su un U-boot, tu sai che io sono una convinta pacifista »
« E se qualcuno vi dovesse dire qualcosa? »
« Si becca un bel siluro, perché anche di quelli ho una notevole scorta da smaltire, tutto quest’esplosivo sotto casa mi da decisamente fastidio, metti una frana, un qualcosa del genere, e qui salta in aria tutto » disse Desirée leggermente seccata,
« E se doveste incontrare un sommergibile atomico sovietico o americano, come dicono nei films Classe quello Classe quell’altro? » Gaby stava per rispondere, ma Desirée le tolse la parola ed allargando le bracia in un gesto di fatalità ammise.
« Sono cavoli amari »
« Ma è un lupo grigio » protestò Gaby, ma Desirée le fece notare.
« Sì, ma per restare nel regno animale: è una lumaca. Gli altri in imersione vanno alla stessa velocità di noi in emersione, sempre se ci va bene, per non parlare dei siluri intelligenti che una volta che ti hanno agganciato ti seguono fino a casa e suonano il campanello per stanarti. Porca miseriacci, mi fanno proprio… »
« Come avete fatto finora? »
« Furbizia. Siamo sempre riusciti a far credere d’essere qualcun altro, per fortuna Russi ed Americani non si parlano molto »
« Più che furbi, siamo fortunati » puntualizzò Desirée.
« Dite le verità, gli ideali non c’entrano niente, qui se lo sono tenuto semplicemente perché piace » concluse Sophie, le altre due amiccarono con un sorriso.Ferme sulla banchina ammirarono il loro U-boot, sperando in cuor loro che la fortuna non le avrebbe abbandonate e che come l’ultimo esemplare di una rara specie animale, il loro lupo grigio sarebbe sfuggito all’uomo moderno e a salvarsi dal gelo della guerra fredda ancora in atto.
* La rosa bianca era l’emblema della lotta studentesca tedesca contro il nazionalsocialismo.

Buone Feste

Torniamo dopo le feste

Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,2

15 dicembre 2008


Malus I


Il Principe della Notte


Un mondo lontano.


Nel fratempo in un misterioso mondo lontano dal nostro, in un luogo chiamato Normandia, era una tranquilla e bellissima giornata primaverile, innondata di Sole e disseminata di fiori e teneri germogli.
Una scattante decappottabile rosso fuoco stava risalendo nervosamente la stradina, che si snodava serpeggiando lungo i fianchi della collina cosparsa di graziosi villini. La vettura si fermò con una sonora frenata in fondo alla strada senza uscita, davanti ad un vecchio edificio che sembrava sopportare con rassegnazione il peso dei secoli. Abeti altrettanto vecchi lo sovrastavano proteggendolo con le scure fronde dal vento freddo proveniente dal mare non molto distante. Era una casa graziosa, d’altri tempi, si distingueva dalle vicine villette di nuova costruzione per le forme irregolari marcate dai massicci bloc­chi di pietra dei muri e dal pesante tetto di paglia. I tanti fiori sui davanzali e lungo il vialetto gli davano un tono d’allegria. Gl’infissi verniciati di blu accesso sembravano volere dare un tono di modernità al vecchio edificio. Accanto al canceletto d’entrata, seminascosta dai cespugli di rododendron in fiore, era stata fissata la vecchia insegna di una locanda sulla quale si riconosceva a malapena un vecchio veliero sbiadito e un invitante boccale di birra.
Dalla vettura scese un’elegante ragazza, il cui fisico era più che evi­denziato da un attillato tailleur azzurro sgar­giante. I capelli biondi, illumi­nati dai raggi del Sole ancora freddi, ri­splendettero un attimo, prima di scomparire all’interno della pittoresca abitazione, dove entrò senza bussare.
« Buongiorno Sophie! Desirée è di sopra » la salutò al suo arrivo una voce calma e posata, che sembrava prove­nire dal lato opposto della casa.
La ragazza si fermò un attimo nell’ampio vano, che in passato era stato una locanda e ne conservava ancora il caratteristico fascino, tentò capire dove fosse la padrona di casa e come avesse fatto a vederla, poi però senza dare ulteriore peso alla questione, si limitò a rispondere al saluto e salì in fretta gli stretti gradini che conducevano al piano superiore.
Giunta a metà corridoio, aprì una vecchia porta cigolante e d’un tratto l’intero scenario intriso di rassicurante antichità scomparve, nasco­sto da un imponente schiera­mento di computers, disposti su una lunga scrivania che prendeva tutta la larghezza delle finestre a piccoli riquadri che si affacciavano sulla valle sottostante, da quella posizione non si vedevano i tetti delle moderne villette, lo sguardo poteva spaziare libero sui boschi antistanti, ammirando un panorama che non doveva essere cambiato molto negl’ultimi secoli.
Davanti ad un grande schermo a cristalli liquidi, sedeva una ragazza dalla folta chioma scura disordinatamente raccolta sulla nucca da un grosso molletone a forma di farfalla.
La sua bellezza non era prorompente come quella dell’amica. I lineamenti erano scuri e regolari. Aveva la pelle molto chiara, quasi diafana, e questo faceva risaltare ancora di più grandi occhi grigi sui quali le lunghe ciglia gettavano un’intrigante ombra. Nel complesso aveva un aspetto normale: vestiva con semplicità, jeans e un maglioncino viola. Le due ragazze avevano in comune una gran sicurezza di sé, che forse era anche la base dell’amicizia tra due persone così diverse.
« Ciao Desirée. Guarda: ho il calendario completo degli avvenimenti culturali dell’estate! » proruppe Sophie, ma l’altra ragazza senza nemmeno voltarsi le rispose.
« Ciao Sophie, ti spiace se finisco? »
« No, figurati! Non capisco niente d’ingegneria navale. Io intanto inserisco i miei impegni sociali, così sapete fin dall’inizio la mia disponibilità »
« Si vede che stiamo invecchiando, diventa sempre più difficile fare coincidere il nostro tempo libero, siamo donne impegnate ormai » ironizzò l’amica.
« Esagerazione, io sono sempre stata impegnatissima fin da bambina » L’altra le lanciò un’occhiata di sincera commiserazione ripensando alle scorribande giovanili e alla totale libertà di cui aveva goduto da bambina, era stata un maschiaccio e in qualche modo si vedeva ancora.
« Io invece sono sempre riuscita ad evitare gl’impegni, l’unica cosa che non sono riuscita ad evitare è stata la scuola, impari presto che non si può avere tutto nella vita »
« Ti piace questo smalto? È in tinta con l’abito, esattamente due tonalità più chiare, un capolavoro » Desi­rée diede un’occhiata di sfuggita allo smalto sorridendo in segno d’assenso ed a bassa voce continuando a fare scorrere le dita sulla tastiera si complimentò
« Bell colore, mi piace » intanto con aria leggermente irritata osservava il monitor.
Sophie, distratta da una rivista d’alta moda, si sdraiò comodamente sul letto di Desirée.
« Qualcosa non va? Ti ho fatto sbagliare? »
« No, no, tu non c’entri. È tutta la mattina che si comporta in modo un po' sospetto »
« Se continui a krackare ovunque programmi, prima o poi ti ritrovi con un bel virus tipo aids o una bella denuncia a seconda della sfiga. Quelli della Finanza però in genere sono molto carini, almeno c’è un lato positivo nella cosa » riflettè un attimo, forse era più probabile che la finanza un giorno si sarebbe presentata da lei, scosse la testa, meglio la moda del fisco.
« Questo programma l' ho fatto io, cioè l’ho modificato. Comunque non è questo il pro­blema, quello che mi fa arrabbiare è che i dati elaborati corrispondono solo in parte a quello che vorrei, cosa che non riesco a capire »
« Non ti sprecare a spiegarmelo. Non ho mai capito niente di fisica, gli unici calcoli che mi riescono so­no quelli connessi al denaro, in particolar modo quello che mi entra in tasca. Ti ho detto che sono riuscita ad acca­lappiare Jean-Claude? »
Desirée intanto si era alzata e sporgendosi sopra la scri­vania, guardava dall’ampia finestra che prendeva gran parte della parete della stanza.
« Bello! Stanno arrivando Gaby e Falstaff! » poi voltandosi verso Sophie, continuò.
« Come hai fatto a strappare il bamboccio a quella snob d’Ester »
« Io sono una persona sportiva, tutto qui. Lei invece non è altro che un’oca possessiva, il ché significa che con una rivale del genere non mi sono divertita più di tanto. Sai alle volte ho pensato che sarebbe eccitante una gara tra noi due » Desirée sorrise divertita immaginandosi la gara.
« Credi che esista un uomo che valga un’amicizia? Inoltre non mi viene in mente nessuno che potremmo giocarci »
« Già il tuo ultimo giocattolo è stato appena silurato come dici tu. Tesoro dovresti avere più pazienza bisogna curare una relazione, o almeno fare finta di farlo. Certo che oggi giorno pubblicano degli straccetti importabili.» a Desirée sembrò dare fastidio l’allegra ironia dell’amica.
« Ma per favore, era uno scassapalle senza eguali, adesso fa anche la vittima, dice che gli ho spezzato il cuore, che mollusco!» Sophie scoppiò in una risata argentina e chiuse finalmente la rivista.
« Come? Non l' hai aiutato a ritrovare la gioia di vivere e a superare le sue paure ed insicurezze con la tua comprensione ed i tuoi sa­crifici? Grazie al vostro amore avreste potuto superare tutte le vicissitudini ed ostacoli di questo cattivo e crudele mondo. Non sei andata dove ti porta il cuore! Angelo del focolare che fai non svolazzi dietro agli uomini come un’ape rincretinita? Sarebbe stato così semplice: bastava chiudere intelligenza e dignità in un cassetto e passare il resto dei giorni ad applaudire ogni scemenza che dice l’ebete.» e portandosi al cuore la rivista ancora aperta mimò i modi delle ragazzine « Oh! Mi ha guardata! » poi riassumento l’aria distaccata che la contraddistingueva concluse seccamente.
« E comunque da quando in qua gli uomini hanno un cuore? » e riaprì la rivista, i gioielli non erano male. Desirée non potè fare a meno di scoppiare a ridere, infine commentò.
« Se c’è una particolarità che il mio cuore non ha, è l’essere scemo, comunque ne diceva molte d’idiozie. Vada a rompere l’anima a qualcun altro. Accidenti, questo coso ricomincia a fare storie, forse è il caso di spegnerlo e continuare domani. Uno i ragazzi sé li tiene per divertirsi, non per farsi assillare e angosciare dalle loro paranoie, ma che scherziamo! »
« Forse abbiamo entrambe il grilletto troppo facile, ma onestamente penso che sia molto salutare » La porta si era im­provvisamente spalancata ed un grande e vivacissimo terrier gigante era schizzato all’interno, saltando subito sul letto tra le braccia di Sophie, mentre la sua padroncina si era fermata sulla soglia.
« Ciao a tutti! Dal luccichio peccaminoso negli occhi di Sophie de­sumo, che state nuovamente parlando di giocat­toli ».
Era minuta ed i capelli corti rosso fuoco sembrava­no fatti apposta per marcare il carattere impertinente. Atte­se per un attimo una risposta da Sophie, che però era troppo intenta a sottrarsi alle effusioni d’af­fetto di Falstaff, così poggiò a terra lo zaino dai colori forti e andò a sedersi su una sedia girevo­le accanto a Desirée, che con aria allegra le annunciò la novità.
« Lei ha un nuovo ragazzo, quello d’Ester»
« Ester chi? »
« L’oca d’alta società, non eravate nella stessa classe? » intervenne Sophie che ancora non riusciva a liberarsi del cane.
« Uh si, ma quella più che un’oca è una serpe, non fa­ceva altro che copiare da me, poi andava in giro raccontando che se non fosse stato per la sua magnifica generosità, sarei stata bocciata. Come l' ho odiata. Mi fa piacere sapere che sei riuscita a fregarle il fidanzatino di sempre, ma non mi sembra sufficiente per fargliela pagare. Comunque grande Sophie »
« E perché, tu che avresti preferito? » domandò Sophie.
« Ricoprirla di catrame ed esporla a pubblica umiliazio­ne, credete che basti? » Sophie si limitò a stiracchiarsi e riprese a sfogliare la rivista, Falstaff adesso salutava Desirée.
« Che infantilismi, io non odio i miei nemici, li di­struggo. A proposito, è vero che durante una gita scolastica è stata sorpresa in una situazione compromettente con un in­segnante ed in pieno pomeriggio per di più? »
Gli occhi di Gaby a quelle parole splendettero di sadico piacere.
« Si, ma poi è stato chiarito tutto... purtroppo. L’insegnante di matematica aveva sba­gliato stanza e lei in quel momento si stava facendo la doccia. Sai si mormora anche qualcuno avesse detto al pro­fes­sore che Ester si era sentita male e lui era accorso ad aiutarla » Desirée annuì, confermando il racconto e specificando.
« Sì, era andata a lavarsi dopo che le era caduta addosso della glassa di cioccolata » aggiungendo quasi sovrapensiero. « Non sopporto la gente che, senza nemmeno conoscermi, mi dà della cafona, proletaria, come può sentirsi superiore a me una che non ha cervello! Che assurdità »
« Ordinaria, ti ha definito, e non per seminare zizzania, ma continua a dirlo. Sai Sophie, allora Desirée ed io non ci co­noscevamo ancora, lei andava in una classe superiore alla mia, ed io mi sono detta che chiunque riesce a versare con tale disinvoltura la glassa di cioccolata su di un abito di Dior, deve essere mortalmente simpatico »
Un grido di Desirée interruppe la conversazione.
« Un virus! Te l'avevo detto » esclamò Sophie scat­tando a sedere per vedere che cosa stesse accadendo.
Dal Monitor era scomparso tutto ed al centro lampeggia­va una strana scritta rossa: "Uhtfloga". Desirée fissava a denti stretti con estremo odio lo schermo, quasi stesse ringhiando.
« Ditemi che non è vero! »
« Il bello di questi giochetti è che più uno tenta di eli­minarli, più gli facilita l’ingresso in altri sistemi. Pensa Desirée molto probabilmente in quest’istante si sta diffon­dendo a incredibile velocità, distruggendo tutti i dati della memoria centrale, tutto il tuo faticoso lavoro. Il frutto dei tuoi lunghi ed estenuanti studi, il tuo futuro, e tutto il resto possibile ed immaginabile » commentò melodrammaticamente Sophie portantosi le mani al voluminoso petto, ma l’amica la fulminò con un’occhiataccia.
« Hai finito! » intanto tramite la tastiera tentava di spengere il computer « Maledizione, non si spegne » con rabbia pre­mette l’interruttore, senza ottene­re un risultato migliore.
« Si è bloccato » constatò seccata « Gaby stacca la presa, è vicina a te »
« Non credo che risolverai molto spegnendo, dato che è ap­parso sullo schermo, molto probabilmente il virus avrà già contaminato il disco fisso » osservò Sophie divenuta infine se­ria.
« Gaby, si può sapere quanto ci metti a staccare quella maledetta presa? » continuò ad imprecare Desirée.
« Veramente… io ho già staccato tutto quello che si po­teva staccare, anche la radio »
Desirée più innervosita che mai, si chinò sotto il tavolo per da controllare, poi fissò stupita le altre due.
« Dite, vi risulta che sia stato inventato un virus capace di fare fun­zionare un computer senza corrente? »
« No, ma riuscendo a trasporre questa caratteristica su un programma normale si potrebbero fare soldi a palate. Un computer che funziona senza corrente è sempli­cemente fantastico » esclamò Sophie venendo ad appurare di persona. « Bellissimo! »
« Non riesci a pensare ad altro che ai soldi? » chise sinceramente sconfortata Desirée.
« O al sesso » precisò Gaby « Desy, sei sicura che in que­sta confusione non ci sia ancora una qualche presa inserita? »
« Credi che non sappia nemmeno quante prese ci so­no nella mia stanza? Qualcuno sa che ca... volo significa questa parola, almeno la smettesse di lampeggiare! Mi snerva ».
« Il fatto che ti sia arrabbiata non giustifica un linguaggio simile, né tanto meno la perdita dell’autocontrollo » le fece elegantemente notare Sophie.
« Se ha distrutto il programma e tutti i dati, sono sei mesi di lavoro che vanno a farsi fottere, posso ricominciare a scrivere la tesi da capo, non so se mi sono spiegata. E tanto per capirci in una circostanza simile io non mi modero affatto, ed uso il peggior linguaggio da caserma che esiste. Chiaro? »
« Usa la testa invece, cerchiamo di capire che cosa sta succedendo » le suggerì Sophie restando calma, così Desirée si risedette al computer brontolando imprecazioni varie.
« Assurdo, devo mettermi a giocare con un computer, che in teoria do­vrebbe essere spento, che faccio? »
« Non saprei, prova a ridigitare la parola »
« E' questo il cosetto per fare par­lare il computer? » e senza attendere una risposta, Gaby pre­mette il pulsante, ed il computer cominciò a ripetere con voce metallica e di­storta la parola.
Desirée intanto aveva inserito lo strano nome ed imme­diatamente con gran sollievo delle ragazze, la scritta scomparve e lo schermo divenne completamente nero.
« Perché continua a ripetere quella parola, invece di starsi zitto, ora che è scomparso tutto? » chiese giustamente Gaby alle altre due, che scrutavano sospettose il monitor, dove intanto erano apparsi due piccoli puntini rossi che andavano ingrandendosi. Il computer aveva smesso di sillabare lo strano nome, adesso formulava intere frasi con voce sempre meno elettronica ed artefatta, sempre più possente.
I due punti continuavano ad ingrandirsi assumendo l’aspetto di due occhi rossi che fissavano le ragazze. Gli occhi dalle pupille verticali, erano ben rico­noscibili in ogni particolare, somigliavano a quelli di un rettile, non cessavano d’avvicinarsi, tanto che infine lo schermo non poté contenerne che uno solo. La vo­ce non aveva più niente d’eletronico, ma era divenuta rauca e fonda, talmente alta da rimbombare per tutta la stanza facendo vibrare i vetri. Falstaff con maggiore prontezza di tutti fuggì dalla stan­za.
Le ragazze fecero per scappare dalla camera, Desirée nel tentativo di allontanarsi al più presto stava per ca­dere dalla sedia; ma così com’era venuto, scomparve tutto, lasciando le ragazze attonite e im­mobili a fissare il monitor spento. Sophie, aveva già raggiunto la porta, senza essere riuscita a girare la maniglia, non essendosi accorta che il princi­pale impedimento era costituito da Gaby, che nel tentare la fuga era inciampata su Falstaff e aveva fato chiudere la porta.
La prima a riprendersi fu proprio Sophie, che riassettandosi i ricioli farfugliò.
« Che diavolo era? »
« Sarà solo un modo di dire, ma temo che tu ci sia anda­ta vicino » disse con un filo di voce Gaby cercando d’alzarsi « Ho sentito dire, che ultimamente le sette di magia nera si servono dei computer per i loro sortilegi, forse qualcuno si è sbagliato e l’anima di qualche dannato è venuta a trovare noi, invece che la medium » ma la sua osservazione non piacque per niente a Sophie.
« Che scemenza, adesso ci sarebbero persino i fantasmi nel computer. Voi delle facoltà umanistiche vi fate sugge­stio­nare da ogni diceria. Se trovo l’idiota che ci ha fatto questo scherzetto, giuro che lo rovi­no per sette generazioni a venire. Che fai Desirée, lo riaccendi? »
« Certo, altrimenti come scopriamo chi è stato a farci questo scherzo? »
« Aspettate, ascoltatemi un attimo » insistette ancora tremante Gaby « Non è il caso di prendere l’accaduto troppo alla leggera, non dimen­ticatevi che il computer era spento, non si è trattato di uno scherzo, là dentro c' era davvero qualcosa »
« Che cavolo vuoi che faccia altrimenti, devo fare esor­cizzare il com­puter? » le rispose scocciata Desirée, poi scotendo la testa aggiunse.
« Assurdo »
« Dai! Ora va di nuovo » esclamò Sophie.
« Voi state giocando col fuoco. Il computer era spento, non vi ba­sta?! »
« No!» le risposero in coro, intanto che Desirée digitava nuovamente la strana pa­rola, senza otte­nere alcuna reazione.
« Non succede più niente » notò quasi delusa So­phie, difatti, no­nostante i vari tentativi non apparve nulla sullo schermo. Desirée intanto apriva e chiudeva velocemente una serie di file e finestre.
« No, non c’è più niente, non s’è mai visto un virus che va e viene. Se non altro, il cervellone sembra non avere subito danni. Forse è meglio che andiamo a mangiarci qualcosa e cerchiamo di capire cosa è successo » concluse Desirée spegnendo definitivamente il computer.
Scesero in soggiorno e si lasciarono cadere nelle poltrone, preferendo discutere la questione davanti ad una ciocco­lata calda e qualche fetta di torta. Sophie scelse il divano, che occupò interamente allungando le belle gambe, stava per lamentarsi della copertina di pelliccia spelacchiata poggiata sullo schienale, ma all’ultimo momento si rese conto che era Pirata, il gattone violento di Desirée, che dormiva imperturbato come sempre.
« C'è chi legge nel fondo di caffè » disse a mezza voce Gaby, guardando pensierosa nella propria tazza.
« Gaby, credo ti sia ben noto, che io impersono l’ideale di bellezza, grazia, e gentilezza femminile, però temo di doverti avvertire che, se con­tinui ad insistere con queste stupidaggini paranormali, non ti faccio in­goiare soltanto la tua tazza, ma anche la teiera. Vedi di usare quel cer­vel­lino per trovare una soluzione razionale e logica, in altre parole l’unica accettabile » le rispose Sophie, che evidentemente non aveva gradito l’ultima osser­vazione, e in genere mal sopportava le idee di Gaby, per non parlare dei suoi orientamenti politici.
« Una soluzione ci sarebbe » suggerì Desirée allungando le gambe sulla poltrona che le stava di fronte. « Qualche giorno fa, sono venuti a trovarmi due colleghi per confrontare alcuni dati, ho dovuto lasciarli da soli per un certo tempo. Uno di loro ha la mania dell’elettronica, perciò non è da escludere che possano avere installato da qualche parte un semplice di­spositivo capace di supplire per alcuni istanti alla man­canza d’ener­gia. In fin dei conti non si è trattato che di qualche secondo. Tra l’altro uno di loro non molto tempo fa è stato vittima di uno dei miei diabolici scherzetti »
« Davvero? » chiese Gaby, evidentemente sollevata. Desirée annuì sorridendo, dal viso però traspariva una grande stanchezza.
« A proposito, stavo quasi dimenticando di dirvi, che mi hanno invita­to ad un’altra di quelle feste molto eleganti che a voi non piacciono, chiedendomi di portare qualche amica, sono quasi tutti giovani manager, quindi mancano le donne » inteervenne Sophie cambiando argomento.
« Sophie, sai che non è il tipo di società che ci piace, inoltre all’ultima festa del genere alla quale ti abbiamo accompa­gnata c’erano soltanto microscopiche schifezzuole molto chic da mangiare ed io sono rimasta letteralmente a digiuno, non ho molta simpatia per l’alta cucina » le obiettò Gaby.
« Le tartine con i gamberi non erano male »
« Se non se le fosse mangiate tutte Desirée, forse »
Desirée sorrise al ricordo e domandò.
« Ma davvero sembro cafona? »
« No tesoro, si vede che hai ricevuto un’ottima educazione che non applichi. In ogni modo non vi sembra di avere superato l’età in cui si va ai ricevimenti solo per mangiare? Ma che sta succedendo là fuori? »
« Finchè non s’ingrassa, perché no? Credo che sia Falstaff, che sta nuovamente infasti­dendo il cagnetto della signora Fayette » disse Desirée sbadi­gliando.
« Come la odio! » sbottò Gaby, mentre si precipitava fuori verso i rumori sospetti.
« Lascia, forse lo ammazza » le gridò dietro Desirée, ma Gaby era già uscita. Desirée si strisciò indietro i capelli stancamente « Ho studiato troppo, penso che verrò, se non altro per fare qualcosa di diverso » Pirata saltò giù dal divano dirigendosi verso la porta, erano anni che dava la caccia a quel cocker, prima o poi l’avrebbe trovato solo.
« Okay, allora passo a prenderti, » concluse Sophie alzan­dosi e con un sorriso aggiunse « Non mi soffiare gli uomini migliori però.» ma Desirée sbuffò.
« Pessima categoria quella dei tuoi colleghi, credono di essere chi sa chè, sembra che ti facciano un favore se ti rivolgono la parola, non si rendono conto di essere mortalmente noiosi. E tu sai che un giocattolo per piacermi deve essere molto particolare, altrimenti non mi diverto. Quelli non risvegliano il mio istinto di caccia »
« Per questo mi preoccupo: hai gusti molto raffinati. Ciao »
Dall’esterno intanto giungevano oltre all’abbaiare dei cani anche le voci delle rispettive padrone, sembrava pro­prio che Gaby stesse sfogando lo spavento sulla vecchia ed acida vicina di Desi­rée. Così, quando la lite terminò, la signora Fayette era più inve­lenita che mai, però probabilmente d’ora innanzi si sarebbe ben guardata dall’insultare gratuitamente la furia rossa, e che prima di andarsene aveva sferrato un sonoro cal­cio al suo adorato cocker, proprio quando la bestiolina tentava di morderla a tradimento. Pirata tornò indietro, troppo trambusto per potere agire.

Commento ufficiale a Malus I,1 Il racconto del giullare

14 dicembre 2008

Questo è un commento ufficiale.
Noi avremmo un appunto da fare: non ci sembra corretto affidare la narrazione di fatti di tale portata da includere le nostre epiche gesta, ad un giullare scemo con gravi e conclamati disturbi della personalità.
« Non sa nemmeno chi c**** è » 32
« Scemo, semplice » 11
« Riprendendo, in dato stato la malattia mentale potrebbe indurlo a non essere del tutto obiettivo nell’esposizione dei fatti. Preghiamo i gentili visitatori a non fraintendere, ma non è per invidia, però noi saremo stati senza dubbio molto più adatti e obiettivi. Oltre a ciò siamo in perfetto stato di salute mentale ed in possesso di un certificato di buona salute mentale rilasciato dalla Asl Tenebricus 1 ad opera dell’insigne professore di neuropsichiatria 22 »
« Come detto, noi saremmo stati più adatti, abbiamo anche l’etica professionale che il giullare non ha » 32
P.S. Se qualcuno dei visitatori dovesse sapere dove è finito 27 è molto cortesemente pregato di avvisarci, necessita di un urgente rifacimento estetico. 50

Nuovo templates

09 dicembre 2008

Gentile viandante del web che sosti sul nostro sito, sono 27 l’addetto alle questioni estetiche, abbiamo cambiato l’aspetto del nostro blog, gravoso incarico che è ricaduto sulla mia persona, perché quello di prima ad alcuni (non faccio i nomi), non sembrava abbastanza aulico da fare da contorno alle nostre gloriose gesta.
Purtroppo nel rinnovamento sono andati persi alcuni elementi, quali indirizzi amici, counter, libro degl’ospiti etc. adesso ce l’hanno tutti con me.
Pertanto mi scuso anche con voi, ma sono esperto in estetica non in informatica, i nostri apprendisti hacker, al motto hacker è bello, stanno cercando di recuperare i dati persi, non nutrendo molta fiducia nelle loro capacità invito gli amici a lasciare i loro indirizzi così che li possiamo seguire ci piaceva tanto.
Adesso vi lascio perché qui sono tutti di pessimo umore e hanno i denti più affilati del solito, vado a salvare la mia coda.Ti saluto gentile visitatore.

Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I

08 dicembre 2008


Libro I

Il Principe della Notte.




Capitolo I



Il racconto del giullare


Chi è costui, vi chiederete voi, ecco mi presento: sono un giullare e quanti mi conoscono, o mi hanno visto solo per alcuni minuti, credo siano pronti a giurare che sono pazzo.
Folle, nel vano tentativo di sfidare la magia con l’unico ausi­lio della raggione. Sognatore, perché credo nell’abilità dell’uomo. Male­detto, perché non affido le mie speranze ad un raggio di Sole. Dannato, perché ho cercato di cancellare i colori dell’arcobaleno lasciando solo il rosso del sangue, il mio sangue sulle mie mani. Eppure, vi fu un tempo lontano in cui fui principe, figlio di grandi re, in se­guito divenni un guerriero, o meglio vi fui costretto, poiché le mie armi preferite erano e saranno le parole, messaggere della mia essenza, che è sempre stata un’anima di giullare.

Da questa collina verdeggiante guardo le foglie degl’alberi vibrare al debole respiro del vento come se stessero giocando tra loro, e mi torna in mente il suono dei tamburelli, dei liuti, della mia amata arpa, le chiassose feste delle corti, ma ogni volta che cerco d’abbandonarmi a ricordi piacevoli, d’improvviso irrompe il fragore scellerato dei campi di battaglia e lo sguardo spietato dei condottieri con i pugni insanguinati stretti sulle spade, ed è inutile negarlo, io ero tra loro.
Vedo i fianchi della collina dorarsi alla calma luce del tramonto, le miriadi di fiori che la ricoprono assumere tinte calde, cariche di vita, sento il loro profumo abbracciarmi; eppure senza sapere perché, ogni sera mi ritrovo qui: seduto sotto questa quercia rivolto a nord col cuore proteso verso i confini del mondo, verso funesto Niflar, il Paese delle Nebbie, che divide la terra dei vivi, la Terra di Mezzo, dalla terra dei morti, l’Hel. Scorgo in lontananza la bruma scivolare piano verso di me, figlio del Paese delle Nebbie che non mi hanno abbandonato un attimo; ballavo, cantavo, scherzavo, ma il mio cuore era dominato dalla nebbia, non c’era piacere umano che potesse dissolverla, allontanarla da me, già perché allora non volevo ammettere nemmeno questo: la mia natura elfica e non umana.
Io, principe di una stirpe maledetta, la quale fu artefice della propria tragedia, detentrice d’allettanti tesori che altrettante rovine causarono e causeranno. Il tesoro dell’anello gettato nel fiume sacro, che ancora riluce del suo oro, affidato alla custodia delle Ondine e alla potenza assassina delle loro correnti. Che senso ha gettare l’anello e l’oro nel fiume, se c’è chi sa come forgiarli, come scatenare la malvagità nell’animo dell’uomo e d’ogni altra creatura pensante, estendendo la nostra tragedia a tutta la Terra di Mezzo? Alcune leggende c’identificano, forse non a torto, con gl’elfi neri, ma nelle notti d’inverno quando la bruma arriva a coprire le cime degl’abeti, il vento canta il nostro nome, eravamo i Nibelunghi, adesso siamo pochi disperati senza un passato, che non sia una confusa leggenda nella legenda di chi uccise il drago per rubare il nostro tesoro.
Forse vi sto raccontando questa storia, perché penso che sia giunto il momento di tornare indietro nella parte più buia del mio passato e confrontarmi con ciò che più temo: me stesso. Non so nemmeno io perché sento di doverlo fare, riaprire cicatrici che il tempo non può sigillare, non ha senso, ma forse così riuscirò a ritrovare la mia anima di guillare persa nelle nebbie dell’odio, essa stessa ombra evanescente, nebbia tra la nebbia.

Tempo addietro un vecchio druido e caro amico di nome Gilduin, ripensando a quanto era accaduto, paragonò la nostra storia ad un’antica leggen­da che narra di due principi, che per via delle loro eccezionali gesta ricevettero dagli Dei l’immenso dono di potere esprimere un desiderio, entrambi chiesero l’eterna giovinezza e con questa l’im­mortalità.
Gli Dei però, nella loro somma saggezza, reputando tale dono troppo grande per dei semplici mortali, posero una condizione e pretesero in cambio da entrambi l’oggetto più prezioso che possedessero. Al più anziano chiesero la splendida spada Gramr, che gli aveva permesso di salvare le persone a lui più care. Al più giovane chiesero il fiore re­galatogli dall’amata al momento dell’addio, che egli stringeva ancora in mano.
Nessuno dei due principi consegnò agli Dei l’oggetto richiesto, probabilmente in quell’istante entrambi compresero la vanità del proprio desiderio, o forse il prezzo preteso dagli Dei era troppo alto persino per l’immortalità. Fu così che lasciarono i sacri antri del Wal­halla per fare ritorno alle loro lontane dimore.
Dopo di loro però, come nella nostra storia, si presentò agli Dei un giovane drago, il cui nome era Penombra, offrì agli Dei la propria vita in cambio di un fiore… gli Dei gli sorrisero...






Il messaggio

Fu proprio il vecchio Gilduin il primo a comprendere che stava per accadere qualcosa di grave. All’epoca era il custode del santuario delle Quattro Querce, il sacro cuore pulsante delle nostre terre. È una carica di grande prestigio che implica gravi responsabilità e tanta solitudine, ma è molto ambita dai venerandi saggi perché a diretto contato con la Madre Terra ed i suoi infiniti segreti.
Un ruolo nel quale si sono succeduti nei secoli alcuni tra i più famosi druidi, arduo da ottenere poiché è elettivo, ma sono gli uomini a scegliere, bensì il santuario stesso ricoprendosi di gigli bianchi quando il prescelto lo calpesta, quindi per gl’ambiziosi è perfettamente inutile affannarsi per ottenerlo, gli è irragiungibile.
Il tempio delle Quattro Querce non fu eretto da mano umana, almeno è ciò che ci piace credere, ma da un prodigio della natura stessa, che ha fece nascere queste quattro gigantesche querce ai bordi della collina in corrispondenza con i punti cardinali, creando in tal modo un luogo magico di rara bellezza.
Qui è come se tutti gli esseri vegetali avessero un’anima che reagisce agli avvenimenti del mondo, compresi quelli umani, cambiando di colore, di specie vegetale e di intensità a seconda di ciò che turba o allieta la nostra grande Madre, perciò quello che altrove sono le stagioni, qui sono le vicende del mondo, le sue gioie ed i suoi dolori. Seminascosta tra le radici della quercia Sud sporgenti sul fianco della collina, vi è la piccola ma confortevole abitazione del custode, sembra nascosta come a volere relegare in un angolo la presenza umana.
Il saggio Gilduin, accarezzato dall’erba ondeggiante ai bordi della collina, fumava la sua lunga pipa e si stava godendo la mattinata osservando da lontano i contadini della valle recarsi alla fiera. Il vecchio vate era un po’ pensieroso, nei giorni passati sul prato erano più volte comparse delle rose bianche, appena aveva cercato di toccarle si erano dolcemente richiuse ed erano scomparse, il chè costituiva un evento anomalo. Stava rimuginando sul fenomeno, quando inaspettatamente vide l’intera collina ricoprirsi nuovamente di rose, ma questa volta erano rosse come il sangue. Non era mai accaduto che un unico genere di fiori coprisse l’intera collina, per giunta di quel colore… Un vento caldo prese a soffiare, era fastidioso gli seccava la gola, si era levato improvviso, insieme alle rose.
Preoccupato, Gilduin si diresse alla quercia Sud dove nel tronco cavo c’è una piccola fonte d’acqua incantata. I ramoscelli spinosi s’impigliavano nelle sue vesti, come se lunghe mani artigliate tentassero di trattenerlo, strattonadosi le vesti si fece largo tra gli arbusti e quando ebbe finalmente raggiunto la quercia, vide con sgomento che la sorgente era rossa di sangue, ebbe un brivido. Cercò di ricordare se avesse mai sentito narrare di qualcosa del genere, ma non gli venne in mente niente. Di fronte a sé, in quello che era stato il suo posto preferito, c’era solo sangue; percuotè con forza il suolo col suo bastone da druido, ma non cambiò niente, se avesse usato un comune manico di scopa sarebbe stata la stessa cosa, ebbe la sgradevole sensazione che la sua magia nei confronti di quel fenomeno non sortisse alcun potere, fosse semplicemente innestitente.
Brandendo il bastone, sua unica arma contro quel misterioso maleficio, si avvicinò cautamente alla sorgente nelle cui acque così spesso aveva spiato gli avenimenti del mondo, non vide nemmeno la sua immagine riflessa, difficile specchiarsi nel sangue. L’unica cosa che riuscì a carpire a quella linfa vitale fu un urlo distorto dalla lontananza ripetuto più volte.
« Uhtfolga, Uhtfloga » era l’eco della voce di un demone, che tradotto nella nostra lingua significa qualcosa come: colui che vola nella penombra, proseguiva biascicando un oscuro indovinello:
« Volavit volucer sine plumis, sedit in arbore sine foliis… conscendit illam sine pedibus, assavit illum sine igne ».
L’angoscia si fece largo nel suo cuore, in che modo le forze demoniache potevano essere riuscite a contaminare a tal punto la sorgente incantata? Sgomento Gilduin uscì e rimase impietrito da ciò che trovò, gli alberi avevano perso le foglie, non vi era più un filo d’erba su tutta la collina. Era come se la morte contenuta in quella voce malefica avesse impregnato le radici delle Querce Sacre, qualcosa stava nascostamente sconvolgendo il nostro mondo. Il vento adesso sollevava steli secchi che erano stati erba e lambiva i sassi. A memoria d’uomo non era successo niente di simile. La natura sembrava moribonda e quello era un infausto presagio di morte.
Forse per la prima volta in vita sua Gilduin si fece prendere dal panico, si agirrò inquieto tra i rovi secchi del santuario, pregando, urlando formule magiche e percotendo il suolo col bastone magico, usò tutti gli artifici a lui noti per salvare quel luogo santissimo, ma non servì a nulla. La collina si era trasformata in un’altura scarna, sembrava che la vita non l’avesse mai lambita.
Alcune ore dopo il fenomeno della voce si ripeté, la seconda volta però non fu un urlo, ma un impercettibile sussurro che cantinelava l’antico indovinello.
« Volavit volucer sine plumis, sedit in arbore sine foliis…. Conscendit illam sine pedibus, assavit illum sine igne…» e poi ripetè tutto di nuovo.
Gilduin si precipitò verso la fonte gridando « Chi sei? » l’indovinello si ripetè e poi come un timido balbettio disse ancora.
« Penombra » gli sembrò quasi di cogliere una lontana risatina.
La collina si ricoprì nuovamente d’erba, fiorirono le rose, gli alberi germogliarono drizzando imperiosamente le possenti chiome al cielo e gli uccelli ripresero a cinguettare e svolazzare giocosi come se niente fosse accaduto. La natura risplendeva superba.
Il vecchio Gilduin era confuso, per un attimo credette di avere solo sognato, ma non era così, si era trattato di un avvenimento reale che era durato diverse ore, non riusciva proprio a capire, andò a controllare ad una ad una le quercie, era tutto normale, tranquillo.
All’epoca egli stesso non seppe interpretare correttamente i fatti, secondo me il più saggio dei maghi morì senza averli mai compresi del tutto, per quanto mi riguarda, forse, fu meglio così. Penso che il suo cuore fosse troppo turbato dal sangue che sgorgava dalla terra e dalla spaventosa voce del demone, per capire che la chiave del mistero era in quel timido balbettio che seguì, era la voce di Penombra.
Per fortuna, almeno, comprese che doveva intervenire, così convocò d’urgenza il Grande Raduno dei Druidi nella sacra foresta di Brivium, mandò le sue colombe ai quattro angoli della terra per radunare i membri del Grande Raduno sparsi nelle contee e regni più lontani della Terra di Mezzo. Egli stesso partì immediatamente alla ricerca del prode principe Randolf di Sonnholm, che come altre volte l’avrebbe aiutato nell’impresa.
Lungo la strada fu raggiunto da una singolare notizia, alcuni abitanti delle lontane isole di Kajahil raccontavano d’avere visto numerosi draghi volare intorno alle vicine montagne i Corni dei Demoni, quasi a formare degli stormi. Gilduin liquidò frettolosamente l’accaduto come poco rilevante, attribuendo l’assembramento di draghi alla probabile morte del vecchio drago Tages che da tempo immemorabile si annidava tra quelle rocce. Questo fu, probabilmente, il primo errore che commise, perché le cose non stavano esattamente come le aveva supposte, ma d’altronde chi avrebbe mai potuto immaginare la realtà, una realtà che non apparteneva agli uomini.
I Corni dei Demoni, posti oltre il mare all’estremo nord, si chiamano così perché sono dei massicci rocciosi molto alti e scoscesi di materiale friabile, sembrano due corni, sono irraggiungibili per gli uomini e da sempre gradito rifugio dei draghi. Da diversi giorni i draghi ripetevano quella strana danza volando intorno alla seconda cima, giungevano da ovunque, pur essendo esseri di notevoli dimensioni visti da lontano ed in rapporto alla montagna potevano davvero sembrare degli stromi d’uccelli.
Tra gli ultimi arrivò un giovane drago dalla pelle scura e vellutata, le ali ricoperte da pelle sottile, quasi trasparente. Pochi battiti furono sufficienti perché la possente apertura alare lo facesse librare tra le correnti. Sorvolò la cima più in alto degli altri, dopo di ché discese con una dolce planata verso l’apertura della caverna posta in prossimità della vetta. Con gli artigli posteriori si aggrappò ai bordi del precipizio e cautamente sbirciò all’interno poco illuminato. L’antro era pieno di fumo in lieve e costante movimento per via del fiato dei draghi. Le pareti erano lucide ed il suolo ricoperto d’oro che scintillava ad ogni respiro infuocato.
“ Amico che ascolti, Adranos, ti ho chiamato, vieni ti stiamo aspettando” lo chiamò una voce stanca e rauca all’interno, timoroso Adranos entrò, fece alcuni passi, con un elegante movimento del lungo collo in segno di riverenza, posò la testa al suolo. Dinanzi, adagiato su un imponente cumulo d’oro, giaceva Tages il più anziano dei draghi, ormai incapace di muoversi. Il corpo deformato dalla vita e dalle malattie, era di colore grigio chiaro con chiazze verdognole, le scaglie d’osso che l’avevano coperto sembravano impietrite, gli artigli spezzati dalla vecchiaia, non aveva nemmeno la forza di aprire gli occhi. Adranos col corpo prostrato alzò e riabbassò più volte il capo, come in una danza di corteggiamento tra cigni; accanto aveva altri quattro draghi che fecero altrettanto, per poi ritirarsi in riverente silenzio nell’attesa che il vecchio parlasse.
“ C’è molta irrequietudine. I nostri hanno percepito l’accaduto. Sono turbati a causa di ciò che gli stolti uomini potrebbero fare“. Tutti ascoltavano la sua voce senza parole, che parlava al cuore. Sbirciò Adranos dagl’occhi semichiusi.
“Persino tu: l’indomabile, sei venuto” Adranos ritrasse il capo in segno d’imbarazzo, ma ebbe l’ardire di domandare quel che tutti volevano sapere e che era causa di tanta irrequietudine.
“ Gli uomini stanno distruggendo il mondo, creano orrori su orrori. La nostra antica Madre Terra è in lutto” il vecchio rispose.
“ Ho percepito la novità decenni addietro. Ho ascoltato da lontano i suoi primi palpiti ed il mio stanco cuore ha esultato, ho udito il suo vagito e la mia anima ha ripreso a volare. Noi anziani abbiamo scelto il suo nome: sarà Penombra, perché tra luce e tenebre volerà, immune ad entrambe, affinché ci riporti ciò che è stato rubato dagli umani. Nostra Madre ci ofre una possibilità. La nascita di Penombra era stata prevista… da tempo lontano, ma è giunta nel momento più opportuno” alitò una pallida nube di fumo verso Adranos.
“ Tu sarai il suo tutore, suo maestro e sua ombra. Hai ucciso molti uomini, ne conosci la malvagia insidia, dovrai essere il suo prottettore ed in questo loro…” indicò con gli occhi gli altri presenti “ Ti aiuteranno, in caso di necessità verremo tutti in vostro aiuto”. Sputò fuoco retrocedendo la testa e sollevandola, lasciando per un attimo trapelare la potenza che doveva avere posseduto in gioventù. Riprese fiato e proseguì.
“La fine degli umani ha avuto inizio, se Penombra dovesse morire e gli uomini conservare un altro strumento di distruzione… Faremo ribollire le viscere della terra, i vulcani con le ceneri offuscheranno il Sole. Pioverà fuoco e le loro città arderanno. La terra si spezzerà. Faremo salire le acque degli oceani, annegheremo le pianure. Infine come uragano e tempesta scenderemo dalle nostre montagne, seguendo il nauseante odore della loro carne, annienteremo i superstiti, col veleno e le malattie li decimeremo ed infine col fuoco purificatore li distruggeremo. Dalle loro ceneri rinascerà una nuova Madre, una Madre incontaminata, senza più figli maledetti.” Abbassò di nuovo la testa e stanco riprese.
“ Ma a noi non è lecito commettere lo stesso errore degli uomini: non possiamo interferire con la Natura, per questo è necessario mandare avanti Penombra, affinché liberi gli uomini dalla loro stessa follia. Interverremo solo in caso estremo” guardò i cinque prescelti che aveva dinanzi: Adranos l’indomabile per il quale batteva il suo vecchio cuore; Moros il possente dal corpo verde scuro, che da solo poteva sostituire un esercito di draghi; Nyx silenziosa e nera come un serpente, nell’impresa avrebbe portato le inseparabili e letali figlie, Lachesis, Atropos e Klotho; Enyo nervosa e famelica, che a stento riusciva a tenere fermo il guizzante corpo bronzeo dai mille riflessi metallici emessi dalle armi in battaglia ed infine Erebos, anch’egli scuro ma incorporeo, come l’oltretomba, da cui proveniva, era difficile capire dove avesse inizio o termine. Tages chiuse gli occhi e con un sottile alito di fuoco li congedò.

Siamo tornati!!

06 dicembre 2008

Siamo Siamo tornati!

Ebbene Sì, alla fine siamo di nuovo qui, e possiamo riprendere le nostre chiacchiere, ci scusiamo tanto con tutti gli amici che abbiamo trascurato, come detto noi pessime abitudini.
Perdono, perdono, perdono, etc. etc.
Purtroppo non siamo ancora riusciti a convincere lo sfaticato del nostro autore a continuare la nostra saga epica, le nostre insistenze però lo hanno portato a rivedere il romanzo, così ha deciso di pubblicarlo in puntate riviste e corrette, (faceva troppa fatica ad inventarsi qualcosa di nuovo), che noi ( e anche voi) possiamo commentare, in modo da evitare futuri malintesi, perché come ben sapete questo è un sito di protesta contro il nostro autore.

Raccolta firme

21 settembre 2008


- Scusate la lunga assenza, ma siamo stati fuori, in continente… - 59
- Osservando il vostro efficiente e ben organizzato mondo abbiamo pensato di fare come voi e per sollecitare il nostro autore reticente a scrivere, abbiamo pensato di sottoporgli una bella raccolta di firma - 27
- Petizione! Deficienti! - 32
- Raccolto tante firme - 11
- Incredibile quello che si riesce ad ottenere oggigiorno con le giuste minacce - 48
- Gentile visitatore noi abbiamo preso un branco di orchi e gli abbiamo offerto da bere - 27
- Tanto - 11
- Essendo bestie animalesche molto maleducate e sporche si sono buttate addosso il wisky e ci hanno sguazzato dentro come papere - 27
- A quel punto abbiamo acceso le torce, e gli abbiamo chiesto di firmare, altrimenti… - 32
- Ci sarebbero cadute le torce, capisci gentile visitatore? - 27
- Si sono precipitati tutti a firmare, tanto scemi non sono - 59
- Ma ignoranti peggio delle bestie! -48
- Loro no scrivere - 11
- Abbiamo una bellissima raccolta di X, che gli pigliasse un accidente! - 32
- E infatti - 11
- Sembra brutto dirlo per l’animo dei gentili visitatori, ma almeno adesso abbiamo la dispensa piena e non solo, perché abbiamo pensato che per fare essiccare i prosciutti d’orco serviva un luogo asciutto - 27
- Qui è maledettamente umido -
- Noi usato osservatorio astronomico del padrone, sia gloria a lui, che se se ne accorge sono cavoli amari per noi - 25
- Per fortuna abbiamo incontrato delle gentilissime e graziosissime fatine - 27
- Firmato bella pergamena, sigillata con tre belle parole - 25
- Li mortaci loro! Non ci ricordiamo le parole -
- Eppure solo tre - 11
- Comunque sia, abbiamo consegnato al nostro autore la lista di crocette, di quei deficienti di orchi e la lista delle fatine - 32
- Il nostro autore ha detto che fate Cicoria e fata Cavolfiore sono poco credibili - 27
- Noi pensavamo che le fate hanno nomi di fiori belli - 25
- Cavolfiore con besciamella bello - 48
- Implicitamente accusati di falso - 25
- Comunque l’autore ha detto che per il momento a parte la sfiga che lo perseguita, ha cose molto importanti da fare, deve scrivere per salvare una cosa che gli sta molto a cuore, forse la cosa che ama di più, e ha paura di non sapere scrivere bene abbastanza, ed è solo a combattere una battaglia più grande di lui -32

- Tanto perde - 48
- In altre parole ci ha detto di toglierci dalle **** (censura etica) - 32

- Però fatine belle - 11


Malus il nostro padrone

28 agosto 2008





- Onorevole visitatore, non essendo riusciti a raggiungere un punto di convergenza su importanti questioni etiche e sociali, abbiamo pensato di parlarti del nostro splendido padrone Malus Principe della Notte e di ogni cosa che vive e si genera in essa, le tenebre sono il suo regno. Il nostro generoso padrone sia gloria a lui -16
- Bisogna sempre parlarne bene, perché è leggermente suscettibile e non ci mette niente a trasformarti in scarafaggio - 28
- Vita da bacherozzo no bella - 11
- Giusto. Dopo questa dovuta sottolineatura sull’irascibilità del nostro eccelso signore, proseguiamo dicendo che è un sovrano generoso, magnanimo, illuminato - 16
- No, veramente lui odia qualsiasi cosa abbia a che fare con la luce, lui signore delle tenebre -28
- Illuminato significa sovrano moderno e liberale e aperto alle innovazioni, ignoranti! - 32
- Non vorrei doverlo dire, ma il nostro illuminato e splendido padrone ha una grande apertura mentale, ma solo per le sue cose di sapiente e l’unica libertà che è in grado di concepire è la sua, temo che non sia il caso di fargli sapere delle nostre aspirazioni democratiche, sembra più orientato verso la monarchia assoluta, come tutti da queste parti d’altronde - 27
- A parte sfumature come quelle appena menzionate da 27, è un grande sovrano e potente mago - 16
- Fatto noi! - 11
- Per dare un’idea alleghiamo immagine che abbiamo trovato sul web molto simile - 57
- Così forse potrai spiegarci perché piace tanto alle femmine di uomo, di elfo etc. - 32
- Al nostro eccelso padrone non piace sentirselo dire, ma ha sangue elfico, la madre era una principessa elfo - 27
- Bellissima - 11
- Per questo lui tanto chiaro - 18
- Imbecilli, quella è pelle di Luna, non c’entra - 32
- Qui in raro abbigliamento da guerriero, normalmente veste da mago con estrema cura ed eleganza - 27
- Sì, noi pensavamo potente guerriero, poi visto altri guerrieri, e pensato ma questi che si mangiano per essere così grossi? Noi che mangiamo tutto, anche i tavoli, siamo piccoli - 48
- Misteri della vita - 16

Grazie

27 agosto 2008




Per maga Laura che ci ha dato un premio


Tenebricus 2

16 agosto 2008


Tenebricus 2

Dunque, gentile visitatore inseguito all’ennesima convulsa riunione siamo giunti alla conclusione, quasi unanime, di doverci esprimere in modo più aulico, perché il nostro modo confuso di esporre le eroiche vicende di cui siamo stati partecipi, e maldestramente narrate nel romanzo Malus dal giullare scemo, potrebbe sminuire gli eventi, che invece sono stati altamente drammatici e sofferti – 29
- Noi abbiamo pianto tanto per le tristi vicende del nostro splendido padrone il Principe della Notte – 25
- Sono storie di odio, vendetta, tradimento: forti passioni. Abbiamo visto eserciti estesi a vista d’occhio scontrarsi- 29
- Visto per modo di dire, noi bassi, visto niente – 18
- Per questo abbiamo combattuto a fianco dei nani, ma la visuale era comunque molto ridotta- 48
- Carneficina indescrivibile – 11
- Intere stirpi cancellate, popoli rimasti senza guerrieri… uno schifo la guerra - 32
- Anche noi abbiamo avuto il profondo ed inestinguibile dolore di una irreparabile perdita – 27
- Sì, 42 .
- Più tardi faremo un ora di silenzio in suo onore, dopo cena per la digestione – 32
- Il suo cattivo umore era il più costante, sempre ostile tutto e tutti, insostituibile – 27
- Era anche l’unico a sapere vomitare a schizzo, un’arte andata perduta - 48
- Tu gentile visitatore sai per caso come si vomita a schizzo? – 25
- Dato questo grande dolore che come una spada ci trafigge il cuore… Venuta bene vero? Abbiamo deciso di esprimerci in modo più consono agl’eventi. Ricominciamo a parlare di casa nostra in uno stile più adatto: c’era una volta in un luogo lontano, dopo sette fiumi, sette monti e sette valli… - 29
- Questa Biancaneve, deficiente! – 32
- Volevo arrivare ai Sette Mari! –
- No, no, no, attenti con i Sette Mari, all’autore ultimamente piace troppo il mare, qui rischiamo di finire nel romanzo sbagliato, dobbiamo fargli scrivere la nostra storia non quella degl’altri – 16
- Oltre i Sette Mari, insisto, su un’isola perduta non tracciata in alcuna mappa del presente o del passato, dimenticata dai racconti dei bardi, segreto gelosamente custodito da pochi e potentissimi vati… -
- Siamo nati noi! – 11
- Ecco, questo è quello che volevamo dire in modo altisonante, Ti salutiamo gentile visitatore – 29
- Baciamo le mani - 32

Tenebricus 1, casa

13 agosto 2008

CASA!!!

Stimato visitatore, in occasione del restyling del nostro bellissimo sito…- 16
- Noi bravi, vero? – 11
- Abbiamo deciso di parlarvi di casa nostra…- 16
- Alleghiamo immagine simile, per rendere l’idea –
- Sì, casa molto più grande, maestosa, impressionante – 18
- Non per niente siamo tra i pochi che si perdono a casa propria. E non solo noi anche il padrone, anche se non lo ammetterà mai, ma si è perso qualche volta – 32
- Noi no scemi, però – 11
- Il ché per inciso ci crea qualche problema di democrazia, difficile votare quando non sappiamo quanti siamo e dove siamo – 48
- Delocalizzazione dell’elettorato - 18
- Se evitiamo le interruzioni, posso continuare … - 16
- Gentile visitatore devi sapere che il nostro castello ha linee architettoniche essenziali e molto eleganti, protese verso l’alto del cielo notturno del quale il nostro augusto padrone è il signore assoluto – 27
- In altre parole abbiamo tante scale e le gambe corte, comunque adesso hai capito perché siamo tanto annoiati di stare soli in questo cavolo di castello? - 32
- Silenzioso! Riprendiamo con ordine: la storia di Tenebricus… -
- Prima no descrizione? – 11
- Ragazzi qui ci dobbiamo mettere d’accordo! Così non si può andare avanti! –
- Scusa gentile visitatore, spiego io garbatamente: la nostra deliziosa dimora è ubicata all’estremo confine, se non proprio oltre, della Terra di Mezzo, su un piccolo isolotto al centro dell’oceano in tempesta – 27
- Mare in tempesta osteggia il nostro potente padrone –
- Chissà com’è che quando arriva lui si agitano tutti, compreso il mare? - 32
- Scoglio in mezzo al mare con sopra grosso castello, senza che sprechiamo tante parole – 48
- La cinta inferiore è occupata dalla città dei Guerrieri Ombra – 27
- Associali del C**** - 48
- A prescindere dalla volgarità di 48, bisogna ammettere che sono maleducatissimi e gretti come tutti gl’uomini d’armi: dei bruti, non hanno la nosra sensibilità d'animo di un mostro – 27
- Noi belli! – 11
- Dunque seguono stanze e piani che non abbiamo capito a cosa servono, se non a farci stancare, poi ci sono le sale reali, dove noi non dovremmo entrare –
- Favolose, tolgono il fiato, luoghi incantati e pieni di mistero, sogni divenuti materia – 27
- Poi più in alto ci sono gli appartamenti privati e laboratori del nostro amato padrone – 32
- Dove noi abitiamo, ma dove secondo lui non dovremmo stare – 16
- Laboratorio di alchimia, laboratorio di chimica, laboratorio di erboristeria, laboratori di magia (diversi), diversi anche gli osservatori astronomici, per non parlare della biblioteca dove non solo noi ci perdiamo, ma anche il padrone, in altre parole tutti posti dove non dovremmo stare perchè potremmo fare danni - 32
- Difficile la vita da mostro vero? -18

Nuova estetica del blog

11 agosto 2008

Gentile visitatore del nostro blog.

Sono 27 curatore della parte estetica del nuovo sito, inquanto grande esteta e persona fine e civile spero di dare un'impressione migliore di noi, dato che innegabilmente alcuni di noi hanno modi decisamente disdicevoli, che sembrano essere connaturate alla nostra specie.

Con profondo imbarazzo devo ammetere che una pubblicazione su un sito ci è stata respinta perchè troppo volgare, abbiamo dovuto autocensurarci per motivi di civiltà, pertanto in futuro ci proponiamo di esprimenrci in modo più consono al web ed ai gentili visitatori che lo frequentano. Anche se temo che sarà difficile chiudere la bocca ad alcuni di noi, bisognerà riccorrere nostro malgrado alla violenza.

Stiamo preparando un dettagliato articolo sulla nostra modesta casa:Tenebricus e su di noi naturalmente sulla nostra bella etica professionale e le nostre eroiche imprese.

Sperando che l'estetica da me scelta sia di tuo gradimento, riverisco e ti saluto

Nella Terra di Mezzo fa caldo

09 agosto 2008

-Pur non avendo raggiunto una posizione unanime sul nostro profondo pensiero etico filosofico, vi comunichiamo che qui a castello è successa una cosa inaspettata e altamente sgradevole: fa caldo, ma tanto caldo.
Ora finché avevamo la nostra benedetta maledizione, qui regnavano le tenebre perenni e faceva freddo, per questo abbiamo chiesto al nostro sopra ogni cosa amato padrone, il Principe della Notte, di farci una folta pelliccia- 53
- Idea di merda –11
- Adesso qui estate e stiamo schiattando di caldo! – 48
- Pur non avendo i problemi di surriscaldamento del pianeta che avete voi, giusto precisare-27
- Qui al massimo abbiamo uno stregone stronzo che fa qualche diavoleria e brucia mezzo mondo, più o meno come i vostri industriali- 48
- Quelli li combatte eroico il nostro padrone potentissimo mago! – 25
- Meglio sorvolare sui risultati – 32
- Riprendendo, non possiamo scendere ai piani bassi e più freddi perché ci sono i guerrieri ombra, che sono decisamente ostili alle nostre persone. Abbiamo cercato di fare il bagno a mare, ma è infestato da grossi squali e altre creature orrende non meglio identificate, che non sono assolutamente al corrente del fatto che noi siamo i mostri!- 53
- E che non siamo assolutamente commestibili –32
- Certo che oggi c’è chi si mangia di tutto – 48
- Osservando il vostro mondo abbiamo visto che c’è l’aria condizionata, ma è troppo difficile da inventare, allora abbiamo optato per il ventilatore-
- Preso mega pipistrello attaccato a corda e corda a soffitto – 74
- Bestia deficiente non vola in tondo e scacarozza da per tutto – 32
- Dal suo letto di dolore 16 dice che dobbiamo inventare la forza motrice per il ventilatore- 74
- Adesso dobbiamo inventare la forza motrice – 25
- Forse facciamo prima a trovare un mago che fa nevicare- 27
- Neve sempre bella –11
- Impresa eroica e pressochè vana, perchè i maghi non sono come li fanno vedere nei vostri film, ingenere sono una genia di mentecatti incompetenti, e se vuoi la neve devi aspettare che arrivi l'inverno- 16
- Ti salutiamo gentile visitatore e cerchiamo di risolvere il problema del caldo - 53

Fallita conferenza programmatica

08 agosto 2008

AVVISO: fallita conferenza programmatica.

Gentile visitatore del nostro blog, siamo molto spiacenti di dovere comunicare che l’annunciata conferenza programmatica sul nostro profondo pensiero è fallita causa mega rissa.Chi ti parla, sono 29, è non è stato autorizzato dal sindacato (che non abbiamo capito cos’è), ma è il meno lacero contuso di tutti, per inciso: i numeri sono i nostri nomi personali.

Nasci mostro e muori peluche

Come sapere chi siamo?

Prima di esporre la nostra alta etica professionale e la profondità del nostro pensiero, abbiamo pensato di spiegare un po’ meglio chi siamo e come siamo diventati quello che siamo.
Dunque in un tempo non molto lontano, e che rimpiangiamo di cuore, eravamo dei rispettabilissimi e temutissimi mostri.
Segue descrizione:
Piccoli ma letali, i Greemlins non sono niente a confronto, la nostra coda da ratto aveva aculei velenosi, occhi da serpente, zanne lunghe e affilate, una tripla fila di denti come gli squali, se non le ammazzavamo, le nostre vittime morivano di paura e schifo al solo vederci.
Non si era ancora degnato di darci un nome e non lo ha fatto a tutt’oggi, l’unica cosa che ha fatto è stato segnarci con dei numeri per distinguere le varie fasi del suo lavoro: noi.
Poi è successa la disgrazia! Il nostro splendido, sapiente, potente mago il Principe della Notte (che gli pigliasse un accidenti) ha incontrato una ragazza (una gran f***) e ci ha rifatti, con i deprecabili risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Adesso, soli in questo grande castello, con niente da fare e troppo tempo per rimuginare ci è venuta una crisi d‘identità. Chi siamo? Terrificanti mostri o graziosi peluche?
Cosa conta più il passato di una persona, o il suo presente?
Cosa è determinante, l’aspetto esteriore o quello esteriore?
Abbiamo deciso di indire una conferenza programmatica per capirci qualcosa. Si accettano consigli.
Vale di più la volontà di chi ci ha creato o la nostra?Seghe mentali dalla Terra di Mezzo.

Ci presentiamo

- Ciao gentile visitatore del nostro sito. Dopo le drammatiche vicende narrate nel romanzo Malus di Nlm.Latteri nel corso delle quali abbiamo eroicamente combattuto a fianco del nostro splendido padrone Malus il Principe della Notte, siamo rimasti soli nel suo immenso castello e ci stiamo annoiando a morte. Non essendo stati chiusi bene i confini tra i due mondi siamo riusciti a trovare un collegamento col vostro mondo ed a aprire un blog per parlare con qualcuno…- 16
- Fatto due palle quanto Terra di Mezzo – 48
- Sintetico, ma il concetto è quello – 32
- Fantastico, io ancora non avevo finito e ci siamo già fatti riconoscere. Riprendo col esporre la nostra triste condizione. Siamo tutti soli in questo mondo fantastico, circondati da creature ostili e poco commestibili…-
- Orchi restano decisamente sullo stomaco – 48
- Sporchi e maleducatissimi – 27
- In aggiunta quelle teste bacate dei cavalieri diventano sempre più aggressivi, non si reggono – 32
- Riprendo un’altra volta. Siamo senza padrone e illuminata guida il Principe della Notte, il nostro autore Nlm.Latteri ci ha abbandonato, si sta facendo grandemente i cavoli suoi e non ha tempo da perdere con noi – 16
- Gentile visitatore, noi crisi da abbandono – 27
- Già altri autori scrivono interi romanzi a puntate, il nostro no – 48
- Saghe, si chiamano saghe, comunque sia, abbiamo deciso di aprire questo blog perché ci sentiamo soli e vorremmo parlare con qualcuno, anche perché, potrà non sembrare, ma la vita da terrificante mostro non è per niente facile – 16
- Sì, specie dopo l’aspetto da orsacchiotti che ci ha conferito il nostro amatissimo padrone – 32E lo ha fatto solo per fare colpo sulla sua ragazza! - 48
 
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