Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,4

08 febbraio 2009


Ruderi



Tempo due giorni, e come promesso Gaby era riuscita ad individuare una parola che sembrava essere il toponimo di un luogo non molto distante dalla loro cittadina, così decisero di andarlo ad ispezionare al più presto.
« Eccoci arrivati, con la macchina non possiamo andare oltre » disse Sophie, accostando lo spiderino ai bordi della strada in terra battuta. Gaby era seduta dietro insieme a Falstaff, le braccia incrociate sul petto per sottolineare il malumore che il broncio sembrava non esprimere a sufficienza.
« Mi è perfettamente chiaro, che una volta scoperto che nel messaggio è menzionato l’antico nome del mona­stero di Seelamp voi voleste andarci, ma non capisco per­ché questo non potevamo farlo di giorno alla luce del Sole? ».
« Prima avevamo da fare, siamo personcine molto impegnate » controbatté Sophie aprendole la portiera.
« Tra l’altro per quel coso con gli occhi rossi sembra non esserci molta differenza tra giorno e notte, dato che è venuto a trovarci di mattina » aggiunse Desirée, metten­dosi sulle spalle lo zaino, ma Gaby protestava ancora.
« Si tratta di una struttura abbandonata »
« Bella forza, se ci fossero ancora i monaci, credi che permetterebbero a tre graziose ragazzine di venire a curio­sare nel cuore della notte? » Le fece notare Sophie, sbat­tendo la portiera della macchina, esasperata dai discorsi che aveva dovuto ascoltare durante tutto il tragitto.
« Ma… è abbandonato proprio perché porta male »
« Andiamo, tanto, se la conosco bene, prima che avremo raggiunto il monastero, ci avrà raccontato tutti i fat­tacci ri­guardanti questo posto, in modo da potere condivi­dere con noi la sua paura » osservò scherzosa­mente Desirée, avviandosi lungo la strada che s’inoltrava nel bosco, dove già scorazzava allegramente Falstaff annusando eccitato l’aria della sera.
« Lei è molto loquace quando si tratta degli altri, ma mai dire cosa si nasconde in cantina, vero?! » Gaby fece finta di non avere sentito il rimprovero di Sophie e tentò di spiegare alle amiche i propri timori.
« Fu fondato intorno al nono-decimo secolo, pare su resti di un santuario pagano, come sapete in queste zone il paganesimo sopravvisse a lungo ...»
« Finora l’unica cosa eccezionale è il sottomarino in cantina » forse Sophie aveva preso male la questione della cantina.
« Fu saccheggiato e tutti i monaci trucidati dai Nor­manni »
« Sì, ma non bisogna prendersela personalmente, quelli massacravano tutti indistintamente, erano fatti così, non c’era cattiveria » commentò Desirée sostenuta da Sophie.
« Non mi toccate i Normanni! Se non avessero invaso queste zone probabilmente non sarei stata così alta e bion­da, ma sarei stata ...» stava per dire celta e bassa, ma guardò Gaby e preferì non proseguire per la propria incolumità, intanto Desirée stava ridendo di gusto, sapendo che osservazioni così pro­fane mandavano in bestia la piccola furia rossa sinceramente legata alle proprie ideologie progresiste.
« Che egoismo, solo perché tu mille anni dopo...»
« Dai continua » l'interruppe Desirée, onde evitare un’ulteriore battibecco. Gaby sbuffò seccata e proseguì col racconto.
« Tra saccheggi ed incendi di varia origine è stato di­strutto tanto spesso che nel quattordicesimo secolo è stato abbandonato definitivamen­te. Eccolo! » esclamò indicando oltre gli alberi del bosco una massa scura dai contorni irregolari, che si stagliava contro il cielo grigio tenuemente illuminato dalla pallida notte. Tutt’intorno vi era un desolato piano erboso, spazzato dal vento che giungeva fin lì dal vicino mare.
« Non finisce qui, tutti coloro che da allora hanno com­prato il terreno sono finiti male »
« E lo credo, bisogna essere fessi a comprarsi una landa desertica come questa, che reddito potrà mai avere, che cosa può produrre? Guarda un po' che terra, c' è da stupirsi che ri­e­sca a crescere l’erba. » disse So­phie dando un calcio a una zolla sassosa.
« Voi state cercando di farmi credere d’essere l’unica ad avere paura, ma la verità è che voi non avete nemmeno il coraggio di ammetter­lo, invece, quando siete sole, la sera guardate sotto il letto per paura che vi sia un mostro »
« Io non ho mai negato di guardare sotto il letto ... e saltuariamente in qualche altro posto, dipende » ammise Sophie, ma Desirée la schernì con una sonora risata, ag­giungendo con aria superiore.
« A me non verrebbe mai in mente di guardare sotto il letto »
« Per forza ci sono i cassetti! Non c' è posto nem­meno per un mostro nano.» intervenne Gaby sempre più seccata, mentre Sophie coglieva l’occasione per chiedere.
« Desirée, ma a casa tua, ai tempi in cui era ancora una locanda, non è stato commesso uno di quei delitti famosi? Non avete i fantasmi?».
« No, è accaduto in una piccola bettola ai piedi della collina, credo che sia stata uccisa una contessa fuggita con l’amante. Una di quelle storie torbide, che nes­suno riesce a capire proprio perché torbide. La bettola fu trasformata in stalla. Un mio antenato ha solo com­prato l’insegna e l' ha attaccata da­vanti a casa nostra, sapessi i soldi che si è fatto, la gente veniva da tutta la Francia per sentire la storia della contes­sa, ovviamente un po' impreziosita. »
« Ma… scusa, la gente del posto sapeva che non era la locanda originale » obiettò Sophie.
« Sai come sono da queste parti, la birra era buona e la pubblicità è l’anima del commercio, e poi già allora era una copertura » spiegò Desirée.
« Tanto qualche decennio dopo hanno preso a tagliare la testa a tutti quei bastardi nobili » si sfogava Gaby.
« Altra occasione in cui può risultare reditizzio avere una locanda vicino al mare » si vantò Desirée, mentre Gaby rimarcava la sua osservazione con un « Altroché ».
Chiacchierando avevano quasi raggiunto i ruderi del monastero, adesso si vedeva bene una parte più mal ri­dotta: costituita da di­versi piccoli edifici, che in tempi lontani erano stati un monastero, addossati ad una struttura più imponente ed in parte anche meglio conservata, che dalla forma della facciata non poteva essere altro che la chiesa abbaziale.
Giunte sulla soglia, di quella che era stata una chiesa, rimasero però un po' deluse: il soffitto era completamente crollato, tra­scinando con sé gran parte dei colonnati e delle pareti laterali. L’interno era ingombro da grossi pezzi di muratura e colonne divelte, c’erano vistose brecce anche lungo le pareti laterali. L’unica parte che riusciva ancora a tenere testa all’impetuoso vento del mare, era il muro di fondo del coro.
« Qua ci cade qualcosa in testa ragazze» osservò preoccupata Desirée, che con la torcia elettrica ispezionava l’interno dell’edificio.
« Adesso che siamo qui, vediamo di capirci qualcosa. Gaby prendi il foglietto » disse Sophie a Gaby, che stava già frugando nelle proprie tasche.
« Ecco qua, dobbiamo riuscire a trovare qualcosa » disse spiegando il foglio, mentre Desirée le faceva lu­ce.
« Come vedete non è un semplice testo, ma una successione di quatro frasi, che hanno tutta l’aria d’essere indovinelli. Nel secondo brano si trova il nome di questo posto, sembra evidente che chi l' ha scritto non voleva essere capito da chiunque, ma solo da chi possiede la chiave di lettura di questo rebus. Destinatario che ovviamente non siamo noi, altrimenti avremmo saputo in che modo interpretare il tutto, perché non si manda un messag­gio segreto a qualcuno, se questi non è in grado di ca­pirlo. Tecnicamente si dice che ci manca la chiave di decodificazione »
« Probabilmente la soluzione del messaggio si trova nelle risposte degli indovinelli che dovrebbero costituire una frase » arguì Sophie.
« Sinceramente credo di no Sophie, piuttosto penso che sia un volu­to depistaggio, altrimenti uno degli indovinelli non avrebbe contenuto il nome di un luogo realmente esistente. La soluzione è ben nascosta all’in­terno di queste frasi »
« La terza allora dovrebbe contenere un’indicazione più precisa su cosa cercare. Il bello è che siamo qua senza nemmeno avere un’idea di quello che stiamo cercando »
« Purtroppo Sophie, Gaby ha tradotto solo le prime quattro righe, dobbiamo cercare di capirci qualcosa da sole. »
« È stata un’impresa non da poco » precisò Gaby rimettendosi in tasca il foglio.
« Sì, lo sappiamo, non era una critica, siamo solo molto curiose, lo sai » precisò Desirée.
« Pensa, se ci fosse un tesoro e qualcuno arrivasse prima di noi » aggiunse Sophie.
« Dato che l’ultima volta è stato abbandonato voluta­mente e con tutta calma, non penso che abbiano lasciato qual­cosa di prezioso.» osservò Gaby oltrepassando i resti del portale ed inoltrandosi lentamente all’in­terno, seguendo Falstaff che sembrava avere intuito la loro meta e correva avanti.
« Perché ti avventuri là dentro, se non sai nemmeno cosa stai cercando? » le gridò dietro Sophie.
« Il testo fa evidentemente riferimento a qualcosa di germanico o celtico sicuramente non cristiano. Tipo gli occhi rossi che abbiamo visto, quindi essendo abitudine della chiesa dei primi secoli erigere chiese in luo­ghi sacri alle di­vinità pagane, in parte allo scopo di sostituire nelle usanze e nella memoria popolare un culto pagano con uno cristiano, ed in parte per esorcizzare il potere malefico delle divinità con la presenza santa della chiesa, dobbiamo cercare questo qualcosa nel posto più sacro dell’edifi­cio. Semplice! » urlò Gaby alle altre due che erano rimaste indietro.
Incespicando tra le macerie e facendosi largo tra i rovi raggiunsero in­fine la zona absidale, della quale rimaneva solo la parete di fondo, che s’inalzava dietro un consistente ammasso di macerie.
« Fantastico, adesso che ci siamo, che vi aspettate di tro­vare, un cartel­lo con scritto sopra: "Qui soluzione del miste­ro"?» osservò pensierosa Sophie guardando i ruderi che le sembravano quanto di più insignificane ci fosse.
« No, ma qualche indizio » rispose Gaby guardandosi intorno, senza sapere che fare.
« Doveva essere molto bella una volta » disse Desirée, illu­minando con la torcia quanto restava delle alte finestre dell’abside.
« Guardate! Quella fessura, potrebbe dare accesso alla cripta » esclamò entusiasta in quell' istante Gaby.
In basso alla loro destra, in effetti, si apriva una fessura in parte ostruita dai resti di un pilastro caduto sembrava essere stata messa in vista da un re­cente crollo, era larga appena quanto bastava per permettere il passaggio di una persona.
« Vai avanti tu Gaby, che sei più piccola » le suggerì prudentemente Sophie, Gaby senza riflettere molto sulla proposta, vi s’infilò con agi­lità felina, seguita da Falstaff, dopo un po' la udirono gridare
« Qua dentro è tutto ancora in perfetto stato di conservazione, è fantastico. Ve­nite a vedere! »
« E... il soffitto come è, pericolante per caso? » domandò Desirée.
« No, dai venite! Che avete paura?»
« Bisogna tenere presente che la ragazza è un tantino in­cosciente » suggerì Desirée, Sophie la guardò per un attimo titubante, dicendo infine risoluta.
« Andiamo » e si calò anch' essa nell’aper­tura, lasciando Desirée sola a decidere se seguirle o no.
Si era intanto levato un vento freddo e nubi scure si stavano ad­densando sopra di loro, Desirée impensierita alzò lo sguardo e si guardò intorno, le forme e dimensioni delle nuvole le parvero celare qualcosa d’inquietante.
Un brivido le passò la schiena, all'improvviso senza capire perché ebbe paura, fece per seguire le sue amiche, ma la prudenza la trattenne, scrutò ancora l’interno che appariva sinistro e chia­mò.
« Sophie, Gaby, siete lì? Rispondete! » Non ottenne alcuna rispo­sta, nè udì alcun rumore, « Smettetela di fare stupidi scherzi e venite fuori! Sta per piovere. Ehi! Mi avete sentito? ».
Le rispose solo una fioca eco coperta dal vento che aumentava d’intensità e agitava i rovi pendenti dalle rovine come tante scarne braccia protese verso di lei.
L’essere rimasta sola in quel luogo le metteva ansia, così s’allontanò dall’apertura, dirigendosi verso un punto più alto sgombro dalle macerie che le offriva un’ampia visuale. Le nubi stavano coprendo la Luna.
« Dunque » si disse « Non bisogna farsi prendere dal panico, an­che se, data la situazione, potrebbe essere giustificato. A tutto vi è una spiegazione razio­nale e logica: potrebbero avere trovato un'altra uscita ed essere già tornate alla macchina. Deve essere così, come ho fatto a non pensarci prima ». Rincuorata, saltò giù dalle macerie e si diresse in fretta verso la sua destra, dove un crollo aveva aperto una breccia nella parete esterna della chiesa. A metà tragitto, si spense la torcia elettrica. « Male­dizione! Mi mancava solo questo » presa da un attacco di panico, cercò freneticamente di riaccenderla senza riuscirci. Si guardò impaurita intorno, era tutto buio, spinta dalla necessità e dalla paura proseguì, raggiungendo in pochi minuti e senza ulteriori pro­blemi l’esterno dell’edificio. Una volta fuori da quelle inquietanti rovine si sentì più sicura e si diresse verso il sentiero in terra battuta dal quale erano venute.
Dopo qualche passo, insospettita, si fermò ad ascoltare: non si per­cepiva più al­cun rumore. Il vento, che aveva sospinto così velocemente le nubi a rico­prire la Luna, adesso si era placato, non si udiva più nulla, era inquietante. Si guardò attorno, scrutò attentamente l’ombra nera proiettata dalle mura, le parve di scorgere qualcosa, aguzzò lo sguardo senza riu­scire ad individuare niente, pur riuscendo a vedere attraverso l’oscurità. Udì uno scricchiolio alle sue spalle, si voltò di scatto e vide dinanzi a sé dei minacciosi occhi verdi, tentò di indietreggia­re, ma qualcosa di gelido l'afferrò per la gola e le coprì la bocca, l’oscurità divenne totale.

0 commenti:

 
Image du Blog confinianima.centerblog.net
Source : confinianima.centerblog.net