Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,6

14 febbraio 2009


Mostro è bello



- Cortese viandante che vai errando per il web e capiti sul nostro blog, sappi che quanto leggerai sotto risale al tempo, ormai perduto, nel quale noi eravamo ancora dei terrificanti mostri – 27
- Prima della catastrofe totale che ci ha ridotti in questa deplorevole condizione di esseri “carini” – 32
- Viene vomito – 11
- Per inciso, catastrofe operata dal nostro amatissimo padrone, sia gloria a lui e a chi l’ha fatto – 58
- Gentile lettore, ti invitiamo pertanto a godere di questo stato di nostra mostruosità, che è passeggero come tutto in questo mondo, ma che è la nostra vera essenza – 16
- Che sia chiaro una volta per tutte: noi non siamo esserini carini – 32
- Sto cavolo – 48
- Nasci mostro e muori orsacchiotto, la vita è ingiusta - 16
- Questo succede quando uno come il nostro splendido padrone non ha un c**** da fare tutto il giorno e invece di distruggere le forze del bene si sfoga su di noi - 48



Il volo dell'acquila


Avevano lasciato la stanza del mago e si accingevano a scendere una larga scala a chiocciola. Desirée camminava piano trascinando i piedi, attese che il guerriero ombra che la prece­deva scendesse i primi gradini, e gli fece lo sgambetto al piede che stava sollevando facendogli perdere l’equilibrio. Sgusciò via, sfuggendo alla guardia che le stava dietro, che colta di sorpresa non era riuscita a reagire prontamente. Riattraversò di corsa il vano circolare, che avevano appena passato, scomparendo in un corridoio adiacente, non aveva pensato di potere essere tanto veloce. La sua velocità crebbe ulteriormente quando, voltatasi, si rese conto di non essere inseguita solo dai guerrieri ombra, ma anche da piccoli e orripilanti mostriciattoli color cadavere.
Il corridoio sboccava in un’elegante scalinata, che portava in una grande sala, la scese, giunta però a metà rampa, si accorse che gli insegui­tori si erano fermati, guardando indietro ne capì subito il motivo, la scala su cui si trovava si stava progressivamente sgretolando, sprofondando in una voragi­ne sottostante, dopo il primo istante di sconcerto, saltò sulla ba­lau­stra e, come aveva fatto tante volte da bambina, scivolò giù lungo il corrimano. Una volta sotto, però, non seppe trattenersi dal fare un gesto poco gentile, ma molto esplicativo, all’indirizzo dei suoi inseguitori.
« Tiè! Brutte bestiacce » e scappò via, lungo l’ennesimo corridoio senza sapere dove stesse correndo. Dopo un po’ si fermò e si guardò intorno cercando di capire quale fosse la migliore via di fuga, scelta difficile dato che non sapeva da che parte sareb­bero giunti i prossimi guerrieri ombra, poiché quelli che aveva appena seminato non erano certa­mente gli unici.
« Adesso ho bisogno di un posto dove potere pensare con calma » si guardò attorno.
La sua attenzione fu attirata da alcune strette finestre, le cui imposte sbattevano rumorosamente. Senza riflettere a lungo raggiunse la finestra più vi­cina, s’affacciò si vedeva solo il mare, vi s’issò sopra e come previsto poco sotto vide un corni­cione, che seguiva il percorso delle mura fino a piegare verso l'esterno. Si calò sul cornicione, lo seguì fino al punto più lontano dalle finestre, dalle quali avrebbero potuto raggiun­gerla gli inseguitori.
Il cornicione era abbastanza largo da permetterle di se­dersi comoda­mente, guardò inpaurita verso il basso dove in profon­dità s’infrangeva il mare. Il fragore delle onde si perdeva assorbito dall’impressionante altezza, la spuma dei cavalloni era ridotta ad un tenue luccichio.
Temendo di cadere, si apoggiò alla parete per sicurezza e alzò gli occhi al cielo, che le appariva sede d’irraggiun­gibile serenità, inaccessibile agli uomini ed intat­to nella sua purezza, lontano dal Male, ma in quel momento di sconforto anche dal Bene. Un rumore la richiamò alla realtà, si voltò, un piccolo mostro rivoltante dalla pelle grigia e grinzosa si era arrampi­cato sul cornicione e si stava avvicinando strisciando a quattro zampe.
« Mancavano soltanto i Greemlins, pussa via! »
« Io ti mangio » le rispose il mostro, muovendo nervo­samente la lunga coda da ratto cosparsa di lunghi acu­lei. La guardava con piccoli occhi gialli da rettile, dalle fauci aperte colava una lunga scia di bava giallastra e fuoriusciva un odore nauseante. Desirée si alzò sostenendosi alla parete, guardò ancora una volta verso il cielo cercando qualcosa che non riuscì a vedere.
« Ma non dire stupidaggini, al tuo padrone servo viva »
« Vieni qua bella bambina, dai vieni » e continuò ad avvicinarsi.
Desirée si mosse in modo da potere tornare indietro, ma proprio in quel momento qualcosa la toccò, ebbe un sussulto di paura che le fece perdere l’equilibrio e prima ancora di rendersene conto, cadde nel vuoto precipitando lungo le pareti lisce del castello.
Prima di sprofondare tra le onde, riuscì a respirare l’aria pungente, fu come se nella sua mente avesse brillato per un breve attimo la luce dei ghiacci del Nord. La forza dell’impatto con le acque e la spinta verso il basso le fecero perdere coscienza. Il dolore per l’acqua che le entrava nei polmoni la riportò nel mondo irreale dal quale era appena riuscita a fuggire, mentre sprofondava nel delirio, ebbe l’impressione di veni­re agguantata da un gigantesco orco, che la strinse con una terribile morsa, quasi la volesse spezzare in due.
Qualcosa o qualcuno l'aveva realmente afferrata come nella morsa di una tenaglia, la stringeva in modo terribile e si dimenava nell’acqua, infine con un colpo secco e per lei doloroso, si ritrovò improvvisamente fuori dell’acqua, poteva di nuovo respirare. Fu solo allora, che si rese conto che una gigantesca aquila marina l'aveva stretta tra gli artigli, e con un possente colpo d’ali uscita dall’acqua si stava faticosamente alzando in volo verso Tenebricus, salì molto in alto fino a raggiungere le torri più alte del castello, lo sorvolò interamente, posandosi infine nel versante opposto su di una torre, dove già l'attendevano schierati gli uomini ombra.
L’aquila, deposta delicatamente Desirée semisvenuta sul pavimento, batté le ali e con un grido agghiacciante si trasformò nel Principe della Notte. L'uomo fece un cenno ai guerrieri, i quali sollevarono la ragazza e la portarono all’interno della torre in una graziosa camera riccamente arredata. La distesero su un soffice letto a baldacchino, mentre Principe della Notte, si era appoggiato al camino acceso per asciugarsi massaggiandosi indolenzito la spalla.
Desirée era ancora semicosciente, si sentiva completamente sfinita, il calore della stanza non rusciva a darle conforto, continuava a sentire un freddo intenso. Girò la testa, il senso di vertigine aumentò, riuscì a mala pena a mettere a fuoco la figura del Principe della Notte.
« Quando siete caduta, affinché potessi soccorervi ho dovuto trasformarmi nel primo volatile che mi è venuto in mente. È una magia che esercito di sovente. Gli uccelli sono l’artifi­cio che mi riesce meglio. Tuttavia devo confessare di non essermi mai tuffato prima in acqua, sincera­mente non avevo la più pallida idea di come si facesse ad uscirne. Credo di essermi lievemente slogato la spalla » le spiegò il Principe della Notte vedendo che aveva ripreso conoscenza. Sorri­deva imbarazzato, con una mano scostò la frangetta, che gli ricadeva sulla fronte fino all’al­tezza degli occhi, prima di allora Desirée non l’aveva notata, per­ché la portava pettinata indietro, nascosta tra i capelli scuri come le tenebre dai riflessi dei fulmini della notte di cui era signore. I suoi lineamenti delicati scuri risaltavano stupendamente sulla pelle luminosa del colore della Luna. Le spalle erano larghe, il fisico atletico e molto slanciato, i movimenti erano eleganti, garbati come la sua stessa persona, eppure nell’insieme esprimeva una grande potenza, aveva la bellezza di una belva che può essere mortale.
« Come vi sentite Signora? » domandò ve­dendola tre­mare, ma Desirée non rispose, cercava ancora di rendersi conto di quanto era accaduto. Osservava stancamente la stanza in cui era stata portata, tanto diversa da quanto aveva visto fino allora nel castello: era ricolma di pizzi e veli in tonalità pastel­lo, con l’evidente tentativo di conferire al vano un tono femminile.
Lo sguardo vagava tra febbrili associazioni d’idee pas­sando d’og­getto in oggetto, raggiungendo quale unica formulazione di pensiero senato, che forse l'arredamento era di gusto discutibile. Infine l’attenzione si concentrò sul Principe della Notte stesso "A guardarlo meglio, non è altro che uno stu­pendo giocattolo, perfetto per miei gusti. Che stupida sono stata a non accorgermene prima, dove ero con la testa?" in effetti, il sorriso imbarazzato del Principe della Notte aveva qualcosa di tenero ed al contempo molto sensuale, forse era addirittura ingenuo. Desirée socchiuse gli occhi sognandolo suo per pochi istanti. Dall’esterno quel gesto dovette sembrare un’ulteriore manifestazione di stanchezza, perché il Principe le disse.
« Perdonatemi, ho dimenticato che i vostri abiti sono completa­mente bagnati. Vi aiuto a cambiarvi. »
Istintivamente Desirée si strinse addosso i vestiti, provo­cando una ri­satina divertita del Principe della Notte.
« Io non sono un comune mortale, non ho biso­gno di usare le mani compiere un’azione così ordinaria » schioccò le dita e Desirée si trovò improvvisamente indosso un abito di raso grigio dai bordi ricamati in argento e pietre preziose, foderato di morbidissima pelliccia della stes­sa to­nalità.
Incredula Desirée richiuse gli occhi, notando che la testa continuava a gi­rarle, quando li riaprì indossava ancora lo stesso stupendo vestito. Di­nanzi al letto sostava un’ombra con in mano un vassoio recante una be­vanda fumante.
« Vi prego di berla, mia Signora, vi farà stare meglio » le disse con tono cordiale il Principe della Notte, senza fare altre obiezioni Desirée accettò di bere, sentendosi immediatamente più in forze.
« Come hai fatto? » domandò infine, sedendosi stancamente sul letto in modo da potersi vedere meglio. Il Principe della Notte studiava or­goglioso la propria opera, continuando a massaggiarsi la spalla.
« Erano di vostro gradimento i mostri? Sono opera mia. Gli uomini ombra invece sono il mio popolo » Desirée si voltò verso di lui.
« Repellenti, però da un punto di vista stretta­mente tecnico lasciano a desiderare: sono alquanto banali.»
« Non li avete visti ancora tutti. Comunque spero che almeno l’abito sia di vostro gradimento, altrimenti posso variare »
« Si può anche scegliere? » domandò Desirée guardan­dolo stupefatta con grandi ed innocenti occhi chiari.
Il principe sorrise divertito.
« Desiderate qualcosa di diverso? Vi premetto, che la mia magia non conosce limiti ed è in grado di realizzare qualsiasi sogno la mente umana sia in grado di formulare.»
Desirée lo guardava sospettosa, temendo che si stesse prendendo gioco di lei. Non aveva ancora capito d’essere la prima persona alla quale il Princi­pe della Notte poteva mostrare le proprie capacità, infine l’affascinante sorriso del principe le fece dimenticare ogni timore.
« Beh si, ho sempre desiderato un abito di seta bianco naturale, che lasciasse libere le spalle e la schiena, copren­dole in parte con pizzo tra­punto di perle e con una larghis­sima e voluminosa gonna lunga leggera come un alito. »
« Siete sicura, che non lo vogliate tempestato di gemme della più no­bile fattura? »
« Oh, scusa non si può fare? » Con un altro schiocco di dita, Desirée si ritrovò indosso l’abito dei suoi sogni. Incredula scese piano dal letto, avvicinandosi allo specchio posto poco lontano dal camino. Quando vide riflessa la sua immagine, non credette ai propri oc­chi, non solo l’abito corrispondeva alle sue aspettative, ma nei capelli, perfettamente asciutti, erano stati intrecciati nastri di seta e perle. Girò su se stessa rimirandosi nello specchio, facendo risplendere la seta e le perle di fluttuanti riflessi ambrati dalla luce del fuoco.
Sorrise raggiante al Principe della Notte, che la guardava sorridente, soddisfatto della propria opera. Adesso anche lei sembrava uscita da una ro­mantica fiaba, una delicata fata.
« È fantastico come si fa? »
« Non è molto difficile, ma troppo complesso da spie­garsi a chi è ignaro della magia »
Desirée, affascinata dalla propria immagine, si rimirò un'altra volta allo specchio. Fu sullo specchio che i loro occhi s’incontrarono per la prima volta, pure il Principe della Notte sembrava condividere la sua opinione, lo sguardo non era più ostile, tuttavia non si capiva se stesse ammirando lei o la propria magia.
« Quanti anni hai? » Gli domandò improvvisamente Desirée, staccando lo sguardo da lui.
« Perché? »
« Non si capisce bene, sembri molto giovane » Il Principe della Notte alzò con indifferenza le spalle.
« Perché mai avrei dovuto contare gli anni, in questo luogo non si di­stingue il giorno dalla notte. Non accade mai niente » Desirée si voltò verso di lui perplessa.
« Vuoi dire che non t’importa sapere quanti anni hai? » effettivamente non sembrava interessato all’argomento.
« Nel castello vi è una stanza preposta alle attrezzature che misurano i flussi del tempo, comprese le diverse varianti » il tono della voce era nuo­vamente freddo e distante. La guardava dritto negl’occhi, le parole erano cordiali, ma il suo volto parlava di disprezzo. « Se lo desiderate potrete vederla. Domani vi farò visitare il castello, a patto che non faciate altre stupidaggini. Adesso vi prego di perdonarmi, ma ho da fare. Buonanotte Signora ». Si voltò per andarsene, aveva appena raggiunto la porta, quando Desirée lo richia­mò.
« Malus » la mano del giovane mago era casualmente appoggiata sulla parete, sentì le mura sussultare al suo nome. Come se non fosse accaduto nulla, si voltò, la ragazza era troppo ingenua per potere anche solo intuire ciò che aveva causato.
« Desiderate? » la voce era ostile. Gli occhi di Desirée, che fino a quel momento erano stati raggianti, si velarono di tristezza, voleva dire qualcosa, ma sembrò mancarle il corag­gio, infine domandò la prima cosa che le venne in mente.
« I mostri non torneranno più ? »
« No, non oseranno » rispose deciso.
Detto ciò, lasciò la stanza scomparendo nell’oscurità. Non aveva biso­gno della luce, sua nemica, per muoversi nello sconfinato intrico di sale e corridoi del castello, si diresse a passo veloce verso il cuore del suo regno, la sala del trono dalle slanciate finestre blu, il soffitto retto da un fantastico gioco d’archi, sotto il quale rilucevano le stelle del firmamento, come se fossero imprigionate dall’architettura. Entrato si sedette sul freddo trono di pietra ed argento.
« Portami da bere » ordinò con rabbia ad una silenzio­sa guardia, che scomparve immediatamente, la­sciandolo solo ad os­servare la pallida luce delle stelle, senza riuscire a distogliere la mente dalla ragazza e soprattutto dalle sue parole, che, dette con ingenuità, erano state più pungenti di quelle pronunciate nell’impeto della rabbia.
Le vecchie mura del castello avevano tremato, quando aveva pronun­ciato il suo nome, violando senza saperlo una maledizione.
Prese in mano il calice d’oro tempestato di gemme, sorseggiò distrattamente il vino, non sarebbe bastato un in­tero mare di vino, per fargli dimenti­care di avere udito pochi minuti addie­tro per la prima volta pronunciare il proprio nome. Fino ad allora non si era reso conto di quanto gli fosse pesato quel silenzio che lo aveva circondato fin dalla nascita, il dolore esplose nel silenzio eterno.
Soffocando un singhiozzo scaraventò via la coppa. Il suono si ri­percosse per le sale, por­tato lontano dall’eco, intanto la rabbia del Principe della Notte cresceva, sospinta dalle frasi che non cessavano di ripetersi nella sua mente " Quanti anni hai? " e ancora “Malus”. Quanti anni d’assoluto silenzio aveva vissuto il suo giovane cuore? Il blu della notte nei suoi occhi assunse il colore del sangue dei nemici e la forza dell’odio. Le tenebre della notte coprirono le stelle dentro e fuori il castello si spanse l’oscurità, come una nube malefica si allungò sul mare aggitato, insensibile alla forza del vento, servo della maledizione.
Desirée, invece, era rimasta un attimo a fissare intimorita la porta dalla quale era uscito, poi aveva girato su di sé rimirandosi nello splendido abito, ripensando allo sguardo deciso e pericoloso del Principe della Notte. Si tolse l’abito dei so­gni, lo depose con cura sulla sedia accanto al letto e si coricò, rimanendo a guardare semiaddor­mentata le fiamme ondeggianti nel camino, che sembrano danzare per lei una danza esotica.
“ È davvero tanto carino, forse è addirittura il più bello che io abbia mai visto, sarebbe l’ideale per una gara con Sophie, tanto non è mai riuscita a battermi: lei gli conturba i sensi, io gli divoro il cuore” sorridendo maliziosamente strinse stancamente il pugno della mano, come se vi volesse imprigionare il cuore del Principe, le palpebre si chiudessero e cadde in un profondo sonno.

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