Malus romanzo on-line 7.I

21 maggio 2009

Quando si svegliò, capì che era mattino solo dall’ora segnata dal suo orologio da polso, le dieci. Durante la notte qualcuno doveva essere entrato nella stanza, poiché i suoi abiti, completamente asciutti ed accuratamente ripiegati, erano poggiati su una poltroncina vicino allo specchio, accanto allo zaino e la torcia elettrica, che funzionava nuovamente.
« Dove ha messo il mio bel vestito? »
Lo ritrovò appeso nell’armadio insieme ad altri abiti dai colori e stoffe più varie, rimase a lungo ad ammirarli affascinata. Abiti simili li aveva visti solo in televisione alle sfilate di moda e nei film in costume, affascinanti souvenir di una femminilità troppo scomoda. Averli tra le mani era tutt’altra cosa, le stoffe erano talmente morbide e delicate al tatto da provocare sensazioni del tutto nuove ed infine non seppe fare a meno di indossarli.
Per ultimo provò un abito di velluto rosso fuoco con lo strascico, attillato con lunghe maniche a zampa d’elefante. Si rimirò nello specchio, divertita dalla sembianza che le conferiva l’abito.
« Da casta colomba a mangiatrice d’uomini » disse con un accenno d’impertinenza, gettò indietro i capelli che le ricaddero sulle spalle come se fossero diventati anch' essi di fuoco, li ammirò con orgoglio girando lentamente su se stessa. Ancora una volta il gioco si trasformò in realtà, quando tornò a fissare lo specchio, lo sguardo era divenuto serio e la fronte corrugata.
" Chissà qual è la mia vera essenza" Gli occhi si fissarono fiammanti nello specchio, cercando di carpire oltre all’immagine riflessa qualcosa di se stessi, di leggere nella propria anima, ma poi si accesero di un sorriso amaro
" Per fortuna gli specchi riflettono soltanto una parvenza, nemmeno l’immagine reale, solo ciò che noi vogliamo che sia. Gli uomini vedono anch' essi solo ciò che può mostrare uno specchio" Accarezzò lo specchio come se volesse sfiorare la sua reale natura, poi chinato il capo borbottò a voce sommessa " In fondo è quanto noi stessi vogliamo vedere ".
Volse le spalle a quell’immagine poco gradita di sé e si tolse l’abito, troppo scomodo nella sua aderenza al corpo, indossandone uno di seta blu acqua trapunto d’oro, attillato nel corpetto ma molto ampio nella gonna.
Lasciò la camera con l’intento di mettersi alla ricerca del Principe della Notte. Dinanzi alla porta trovò come promesso una guardia, con una torcia pronta a farle da guida, stava per tentare di comunicare con l’uomo ombra, quando fu distratta da un’insopportabile fetore, si guardò intorno, si rese conto che l’odore proveniva da un mostro simile a quello che aveva tentato di aggredirla sul cornicione.
« Io sarei l’interprete, loro non parlano » si giustificò il mostro vedendo che Desirée lo guardava con disgusto retrocedendo ed arricciando il naso.
« Il fatto di essere un mostro ti impedisce per caso di lavarti? »
« Certo, è contro l’etica professionale » s’intromise un altro mostro sbucando da dietro un pilastro insieme a diversi altri, facendo esclamare Desirée.
« Che schifo, sembra odore di fogna. Va bene, portatemi dal vostro padrone, ma per favore state lontani » volle concludere Desirée, rendendosi conto di essere ormai circondata da una decina di mostri, ma non le fu possibile, poiché uno di loro tenne a precisare.
« Bimba, guarda che tu sei nostra prigioniera, non ci puoi dare ordini. » Desirée non poté fare a meno di osservare i lunghi denti giallastri esibiti in tutto il loro fetore allo scopo d’intimorirla. Qualcuno allungò minacciosamente le zampe avvicinando gli artigli alle morbide pieghe della gonna, ma poco prima di giungere a toccarla, alzò lo sguardo incrociando quello oltremodo minaccioso di Desirée.
« Voi non starete per caso cercando di sgualcire il mio vestito? »
I mostri rimasero un attimo a guardarla pensierosi, poi spinsero avanti uno di loro, un po' più grosso, il quale dopo essersi schiarito la voce per farsi coraggio domandò.
« Nel qual caso questa sfortunata evenienza dovesse verificarsi, in quali conseguenze potremmo incorrere, nostra signora? »
« L’annientamento totale, v’incenerisco » rispose Desirée con voce calma e fonda.
« Grazie, era solo un’informazione, tanto per sapere » disse il mostro ritirandosi nel gruppo, Desirée li guardava divertita dalla loro infantile credulità, intanto uno di loro tenne a precisare.
« L'annientamento totale è in palese contrasto con la nostra etica professionale»
Nel frattempo l’ombra si era allontanata facendo strada.
« Davvero, e in che cosa consiste la vostra etica professionale? » domandò Desirée seguendoli lungo la scala buia che conduceva fuori dalla torre.
« Innanzi tutto siamo molto pericolosi ...»
« Non è facile essere pericolosi, vero Signora? »
Desirée annuì.
« Zitto deficiente! Non m’interrompere. La nostra pericolosità è costituita nel caso specifico dal fatto che ci nutriamo di carne umana » e voltandosi fissò significativamente Desirée con la bava gialla che gli colava dalla bocca.
« Ma se io sono la prima persona ad avere messo piede in questo castello, come fate a mangiare, è per questo che siete così magri? »
« Che cosa c' entra questo! » Imprecò il mostro, continuando la spiegazione « Abbiamo ben tre file di affilatissimi denti, tra i quali meritano particolare menzione i lunghi canini, che possono raggiungere la lunghezza di ben dieci centimetri, una potenza mandibolare che ci permette di recidere anche l’acciaio. I nostri artigli sono più taglienti dei rasoi, e velenosi basta un taglietto per morire avvelenati, lo stesso vale per gli aculei della coda »
« Certo se non vi lavate mai, c’è di che prendersi qualche brutta infezione » disse Desirée varcando la soglia della torre ed entrando in una delle tante grandi sale.
« Tu bella bimba non ci prendi sul serio » la minacciarono.
« Queste sono le vostre caratteristiche somatiche, non è l’etica »
La guardarono un attimo interdetti, e dopo avere sferrato un paio di calci all’interprete colpevole di avere sbagliato argomento, continuarono a spiegarle « Ecco noi facciamo tutte le cose più cattive, che uno possa immaginare, non facciamo niente di buono per gli altri, piuttosto ci facciamo ammazzare »
« Ed è bello fare i cattivi? »
« Che domande, certo! » Desirée sorrise nuovamente.
« Come fate a saperlo, se non avete fatto niente di buono, o almeno senza esservi resi conto di farlo. Adesso ad esempio, mi state gentilmente accompagnando dal vostro padrone tutti insieme, come si conviene a dei bravi e graziosi esserini, è molto premuroso da parte vostra. Grazie.» A quelle parole presero a contorcersi dal disgusto, ci fu addirittura chi si rotolò per terra.
« Senti un po' Bimba, chiamaci un’altra volta carini, graziosi o qualcos’altro e finisci male »
« Quindi per voi questo sarebbe un' insulto? »
« Certo, »
« Anzi un oltraggio! »
« Allora se vi dicessi che siete dei putridi vermi, o dei deficienti con la fogna al posto del cervello, voi sareste contenti ? »
«Si, certo » annuirono alcuni saltando contenti, ma uno di loro li fermò.
« No, aspettate ragazzi in questo ragionamento c' è qualcosa che non quadra » ne seguì un sommesso bisbigliare interrotto di tanto in tanto da qualche irripetibile imprecazione. Infine uno di loro leggermente più magro ed incurvato, che dava l’impressione di essere inoltre più anziano, disse.
« Bisogna distinguere tra l’essere e l’intento, quindi ne consegue che noi siamo perfetti e bellissimi, ma con pessime intenzioni nei confronti di ogni essere vivente, in particolar modo gli uomini » Gli altri annuirono contenti per la soluzione raggiunta, Desirée invece sospirò annoiata.
« Ad esempio? » A questa domanda i mostriciattoli si guardarono in faccia senza sapere rispondere, poi uno di loro sembrò avere un’idea.
« L'altro giorno abbiamo detto ad alcuni di noi di andare in uno scantinato a prendere il carbone, li abbiamo chiusi dentro, non c' era il carbone, ma l' acqua che saliva sempre più e sono tutti annegati »
« Ah, ecco chi è stato » disse uno dietro di lui, mentre altri gli facevano da spalla.
« Non siete annegati? »
« Capo, forse era la bassa marea quella che veniva… » suggerì con fare colpevole un altro, poco prima di venire aggredito da un compagno. Ne nacque una piccola rissa i cui componenti rotolarono giù da delle scale, dove i colpevoli avevano cercato di scappare, gli altri rimasero un attimo ad osservarli, continuando poi tranquillamente il loro camino.
« Se volete fare davvero i cattivi, perché non vi mangiate il vostro padrone, sarebbe una cattiveria senza pari, divorare chi vi ha creato. Vi assicuro che non c’ è niente di peggio che uccidere chi t’ha dato la vita » Il tentativo di sobillazione non riuscì molto bene, i mostri la guardarono scandalizzati.
« Queste sono cose che non si pensano nemmeno.»
« No, no.» aggiunsero gli altri preoccupati.
« Ma come fate ad essere cattivi, se obbedite ciecamente al vostro padrone, io pensavo che per essere davvero malvagi, bisognasse essere contro ogni cosa. »
« Solo se non fa male »
« Ma lui è davvero cattivo »
« E io? »
« Buona, con le patatine e la salvia »
« Anche l’alloro non ci starebbe male »
Intanto la guardia, che li precedeva, aveva aperto una porta dalla quale usciva uno spiraglio di luce, entrando Desirée si rese conto di trovarsi nella stessa stanza della sera precedente. I mostri rimasero rispettosamente all'esterno. Vista con animo sereno la camera era accogliente, piccola e straripante di libri, che ricoprivano ogni superficie piana disponibile, fatta eccezione per una roccia sulla quale poggiava la sfera di cristallo.

Malus II

20 maggio 2009

- Bello, bello, bello!- 18
- Ci sarà un seguito, le nostre eroiche avventure continueranno - 27
- Grazie al cielo quello scansafatiche dell'autore s'è dato una mossa! - 32
-Dice che è impegnato ma noi credere poco, ma pensiero positivo, bello altre avventure!!- 25
- Che si spera sia narrate con un po' più di obbiettività e correttezza, senza giullari scemi e psicopatici- 32
- Chi la dura la vince, adesso servirebbe soltanto qualcuno che prenda a calci nel suo bel fondo schiena l'autore affinchè scriva veramente la seconda parte, invece di perdersi in mille altre cose del tutto inutili - 16
- Perchè npio autore così?- 25

Commento ufficiale a I,6 Finalmente Noi, però...

14 febbraio 2009

Commento ufficiale.

- Dunque, come chi ci conosce avrà sicuramente capito, noi non siamo d’accordo con l’esposizione dei fatti dell’autore, il quale non bisogna mai dimenticare che ha affidato la narrazione degl’eventi ad un giullare completamente pazzo, invece che a noi – 32
- Noi no polemici – 11
- Però quello che va detto, va detto – 27
- Sul fatto d’essere spaventosi siamo tutti d’accordo –32
- Spaventoso è bello – 11
- Avremmo qualcosa da ridire sulla restante esposizione dei fatti – 16
- Dire rivoltante offensivo! – 18
- Esatto rivoltante a chi? E vogliamo parlare del nauseante?– 32
- Noi belli e profumati – 27
- Una volta tanto 27 ha ragione. Era lei che aveva un repellente odore di violette – 32
- Noi allergici a puzza – 18
- Gentile lettore noi siamo giunti alla conclusione che le femmine umane sono presuntuose –
- Ipocrite – 11
- Esatto, loro fanno tante questioni col mangiare, e poi danno per scontato che noi dovremmo mangiare qualsiasi cosa passi gridando per il corridoio, senza nemmeno accertarci se sia commestibile a meno – 32
- Dannosa per la nostra salute – 28
- Noi digeriamo anche acciaio, ma meglio stare attenti. Umani non hanno neanche data di scadenza, ogni tanto troviamo bigliettini con data di confezionamento, ma mai data di scadenza! - 48
- Ultimamente abbiamo letto notizie allarmanti sul web, alcune femmine di uomo conterebbero addirittura parti di plastica. Sono cibo adulterato, bisogna stare molto attenti vero lettore? –
- Usano anche tintura per capelli che è cancerogena. Sono sofisticate da chiamare i NAS- 48
- Capirai adesso perché ci siamo avvicinati con tanta prudenza, e la scema si è messa a strillare ed è caduta giù – 32
- Noi fatto niente – 11
- E indovina un po’ con chi se l’è presa il nostro eccelso padrone? –
- Noi no bugie – 11
- Unione consumatori bella cosa, dobbiamo fare anche qui nella Terra di Mezzo - 28

Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,6


Mostro è bello



- Cortese viandante che vai errando per il web e capiti sul nostro blog, sappi che quanto leggerai sotto risale al tempo, ormai perduto, nel quale noi eravamo ancora dei terrificanti mostri – 27
- Prima della catastrofe totale che ci ha ridotti in questa deplorevole condizione di esseri “carini” – 32
- Viene vomito – 11
- Per inciso, catastrofe operata dal nostro amatissimo padrone, sia gloria a lui e a chi l’ha fatto – 58
- Gentile lettore, ti invitiamo pertanto a godere di questo stato di nostra mostruosità, che è passeggero come tutto in questo mondo, ma che è la nostra vera essenza – 16
- Che sia chiaro una volta per tutte: noi non siamo esserini carini – 32
- Sto cavolo – 48
- Nasci mostro e muori orsacchiotto, la vita è ingiusta - 16
- Questo succede quando uno come il nostro splendido padrone non ha un c**** da fare tutto il giorno e invece di distruggere le forze del bene si sfoga su di noi - 48



Il volo dell'acquila


Avevano lasciato la stanza del mago e si accingevano a scendere una larga scala a chiocciola. Desirée camminava piano trascinando i piedi, attese che il guerriero ombra che la prece­deva scendesse i primi gradini, e gli fece lo sgambetto al piede che stava sollevando facendogli perdere l’equilibrio. Sgusciò via, sfuggendo alla guardia che le stava dietro, che colta di sorpresa non era riuscita a reagire prontamente. Riattraversò di corsa il vano circolare, che avevano appena passato, scomparendo in un corridoio adiacente, non aveva pensato di potere essere tanto veloce. La sua velocità crebbe ulteriormente quando, voltatasi, si rese conto di non essere inseguita solo dai guerrieri ombra, ma anche da piccoli e orripilanti mostriciattoli color cadavere.
Il corridoio sboccava in un’elegante scalinata, che portava in una grande sala, la scese, giunta però a metà rampa, si accorse che gli insegui­tori si erano fermati, guardando indietro ne capì subito il motivo, la scala su cui si trovava si stava progressivamente sgretolando, sprofondando in una voragi­ne sottostante, dopo il primo istante di sconcerto, saltò sulla ba­lau­stra e, come aveva fatto tante volte da bambina, scivolò giù lungo il corrimano. Una volta sotto, però, non seppe trattenersi dal fare un gesto poco gentile, ma molto esplicativo, all’indirizzo dei suoi inseguitori.
« Tiè! Brutte bestiacce » e scappò via, lungo l’ennesimo corridoio senza sapere dove stesse correndo. Dopo un po’ si fermò e si guardò intorno cercando di capire quale fosse la migliore via di fuga, scelta difficile dato che non sapeva da che parte sareb­bero giunti i prossimi guerrieri ombra, poiché quelli che aveva appena seminato non erano certa­mente gli unici.
« Adesso ho bisogno di un posto dove potere pensare con calma » si guardò attorno.
La sua attenzione fu attirata da alcune strette finestre, le cui imposte sbattevano rumorosamente. Senza riflettere a lungo raggiunse la finestra più vi­cina, s’affacciò si vedeva solo il mare, vi s’issò sopra e come previsto poco sotto vide un corni­cione, che seguiva il percorso delle mura fino a piegare verso l'esterno. Si calò sul cornicione, lo seguì fino al punto più lontano dalle finestre, dalle quali avrebbero potuto raggiun­gerla gli inseguitori.
Il cornicione era abbastanza largo da permetterle di se­dersi comoda­mente, guardò inpaurita verso il basso dove in profon­dità s’infrangeva il mare. Il fragore delle onde si perdeva assorbito dall’impressionante altezza, la spuma dei cavalloni era ridotta ad un tenue luccichio.
Temendo di cadere, si apoggiò alla parete per sicurezza e alzò gli occhi al cielo, che le appariva sede d’irraggiun­gibile serenità, inaccessibile agli uomini ed intat­to nella sua purezza, lontano dal Male, ma in quel momento di sconforto anche dal Bene. Un rumore la richiamò alla realtà, si voltò, un piccolo mostro rivoltante dalla pelle grigia e grinzosa si era arrampi­cato sul cornicione e si stava avvicinando strisciando a quattro zampe.
« Mancavano soltanto i Greemlins, pussa via! »
« Io ti mangio » le rispose il mostro, muovendo nervo­samente la lunga coda da ratto cosparsa di lunghi acu­lei. La guardava con piccoli occhi gialli da rettile, dalle fauci aperte colava una lunga scia di bava giallastra e fuoriusciva un odore nauseante. Desirée si alzò sostenendosi alla parete, guardò ancora una volta verso il cielo cercando qualcosa che non riuscì a vedere.
« Ma non dire stupidaggini, al tuo padrone servo viva »
« Vieni qua bella bambina, dai vieni » e continuò ad avvicinarsi.
Desirée si mosse in modo da potere tornare indietro, ma proprio in quel momento qualcosa la toccò, ebbe un sussulto di paura che le fece perdere l’equilibrio e prima ancora di rendersene conto, cadde nel vuoto precipitando lungo le pareti lisce del castello.
Prima di sprofondare tra le onde, riuscì a respirare l’aria pungente, fu come se nella sua mente avesse brillato per un breve attimo la luce dei ghiacci del Nord. La forza dell’impatto con le acque e la spinta verso il basso le fecero perdere coscienza. Il dolore per l’acqua che le entrava nei polmoni la riportò nel mondo irreale dal quale era appena riuscita a fuggire, mentre sprofondava nel delirio, ebbe l’impressione di veni­re agguantata da un gigantesco orco, che la strinse con una terribile morsa, quasi la volesse spezzare in due.
Qualcosa o qualcuno l'aveva realmente afferrata come nella morsa di una tenaglia, la stringeva in modo terribile e si dimenava nell’acqua, infine con un colpo secco e per lei doloroso, si ritrovò improvvisamente fuori dell’acqua, poteva di nuovo respirare. Fu solo allora, che si rese conto che una gigantesca aquila marina l'aveva stretta tra gli artigli, e con un possente colpo d’ali uscita dall’acqua si stava faticosamente alzando in volo verso Tenebricus, salì molto in alto fino a raggiungere le torri più alte del castello, lo sorvolò interamente, posandosi infine nel versante opposto su di una torre, dove già l'attendevano schierati gli uomini ombra.
L’aquila, deposta delicatamente Desirée semisvenuta sul pavimento, batté le ali e con un grido agghiacciante si trasformò nel Principe della Notte. L'uomo fece un cenno ai guerrieri, i quali sollevarono la ragazza e la portarono all’interno della torre in una graziosa camera riccamente arredata. La distesero su un soffice letto a baldacchino, mentre Principe della Notte, si era appoggiato al camino acceso per asciugarsi massaggiandosi indolenzito la spalla.
Desirée era ancora semicosciente, si sentiva completamente sfinita, il calore della stanza non rusciva a darle conforto, continuava a sentire un freddo intenso. Girò la testa, il senso di vertigine aumentò, riuscì a mala pena a mettere a fuoco la figura del Principe della Notte.
« Quando siete caduta, affinché potessi soccorervi ho dovuto trasformarmi nel primo volatile che mi è venuto in mente. È una magia che esercito di sovente. Gli uccelli sono l’artifi­cio che mi riesce meglio. Tuttavia devo confessare di non essermi mai tuffato prima in acqua, sincera­mente non avevo la più pallida idea di come si facesse ad uscirne. Credo di essermi lievemente slogato la spalla » le spiegò il Principe della Notte vedendo che aveva ripreso conoscenza. Sorri­deva imbarazzato, con una mano scostò la frangetta, che gli ricadeva sulla fronte fino all’al­tezza degli occhi, prima di allora Desirée non l’aveva notata, per­ché la portava pettinata indietro, nascosta tra i capelli scuri come le tenebre dai riflessi dei fulmini della notte di cui era signore. I suoi lineamenti delicati scuri risaltavano stupendamente sulla pelle luminosa del colore della Luna. Le spalle erano larghe, il fisico atletico e molto slanciato, i movimenti erano eleganti, garbati come la sua stessa persona, eppure nell’insieme esprimeva una grande potenza, aveva la bellezza di una belva che può essere mortale.
« Come vi sentite Signora? » domandò ve­dendola tre­mare, ma Desirée non rispose, cercava ancora di rendersi conto di quanto era accaduto. Osservava stancamente la stanza in cui era stata portata, tanto diversa da quanto aveva visto fino allora nel castello: era ricolma di pizzi e veli in tonalità pastel­lo, con l’evidente tentativo di conferire al vano un tono femminile.
Lo sguardo vagava tra febbrili associazioni d’idee pas­sando d’og­getto in oggetto, raggiungendo quale unica formulazione di pensiero senato, che forse l'arredamento era di gusto discutibile. Infine l’attenzione si concentrò sul Principe della Notte stesso "A guardarlo meglio, non è altro che uno stu­pendo giocattolo, perfetto per miei gusti. Che stupida sono stata a non accorgermene prima, dove ero con la testa?" in effetti, il sorriso imbarazzato del Principe della Notte aveva qualcosa di tenero ed al contempo molto sensuale, forse era addirittura ingenuo. Desirée socchiuse gli occhi sognandolo suo per pochi istanti. Dall’esterno quel gesto dovette sembrare un’ulteriore manifestazione di stanchezza, perché il Principe le disse.
« Perdonatemi, ho dimenticato che i vostri abiti sono completa­mente bagnati. Vi aiuto a cambiarvi. »
Istintivamente Desirée si strinse addosso i vestiti, provo­cando una ri­satina divertita del Principe della Notte.
« Io non sono un comune mortale, non ho biso­gno di usare le mani compiere un’azione così ordinaria » schioccò le dita e Desirée si trovò improvvisamente indosso un abito di raso grigio dai bordi ricamati in argento e pietre preziose, foderato di morbidissima pelliccia della stes­sa to­nalità.
Incredula Desirée richiuse gli occhi, notando che la testa continuava a gi­rarle, quando li riaprì indossava ancora lo stesso stupendo vestito. Di­nanzi al letto sostava un’ombra con in mano un vassoio recante una be­vanda fumante.
« Vi prego di berla, mia Signora, vi farà stare meglio » le disse con tono cordiale il Principe della Notte, senza fare altre obiezioni Desirée accettò di bere, sentendosi immediatamente più in forze.
« Come hai fatto? » domandò infine, sedendosi stancamente sul letto in modo da potersi vedere meglio. Il Principe della Notte studiava or­goglioso la propria opera, continuando a massaggiarsi la spalla.
« Erano di vostro gradimento i mostri? Sono opera mia. Gli uomini ombra invece sono il mio popolo » Desirée si voltò verso di lui.
« Repellenti, però da un punto di vista stretta­mente tecnico lasciano a desiderare: sono alquanto banali.»
« Non li avete visti ancora tutti. Comunque spero che almeno l’abito sia di vostro gradimento, altrimenti posso variare »
« Si può anche scegliere? » domandò Desirée guardan­dolo stupefatta con grandi ed innocenti occhi chiari.
Il principe sorrise divertito.
« Desiderate qualcosa di diverso? Vi premetto, che la mia magia non conosce limiti ed è in grado di realizzare qualsiasi sogno la mente umana sia in grado di formulare.»
Desirée lo guardava sospettosa, temendo che si stesse prendendo gioco di lei. Non aveva ancora capito d’essere la prima persona alla quale il Princi­pe della Notte poteva mostrare le proprie capacità, infine l’affascinante sorriso del principe le fece dimenticare ogni timore.
« Beh si, ho sempre desiderato un abito di seta bianco naturale, che lasciasse libere le spalle e la schiena, copren­dole in parte con pizzo tra­punto di perle e con una larghis­sima e voluminosa gonna lunga leggera come un alito. »
« Siete sicura, che non lo vogliate tempestato di gemme della più no­bile fattura? »
« Oh, scusa non si può fare? » Con un altro schiocco di dita, Desirée si ritrovò indosso l’abito dei suoi sogni. Incredula scese piano dal letto, avvicinandosi allo specchio posto poco lontano dal camino. Quando vide riflessa la sua immagine, non credette ai propri oc­chi, non solo l’abito corrispondeva alle sue aspettative, ma nei capelli, perfettamente asciutti, erano stati intrecciati nastri di seta e perle. Girò su se stessa rimirandosi nello specchio, facendo risplendere la seta e le perle di fluttuanti riflessi ambrati dalla luce del fuoco.
Sorrise raggiante al Principe della Notte, che la guardava sorridente, soddisfatto della propria opera. Adesso anche lei sembrava uscita da una ro­mantica fiaba, una delicata fata.
« È fantastico come si fa? »
« Non è molto difficile, ma troppo complesso da spie­garsi a chi è ignaro della magia »
Desirée, affascinata dalla propria immagine, si rimirò un'altra volta allo specchio. Fu sullo specchio che i loro occhi s’incontrarono per la prima volta, pure il Principe della Notte sembrava condividere la sua opinione, lo sguardo non era più ostile, tuttavia non si capiva se stesse ammirando lei o la propria magia.
« Quanti anni hai? » Gli domandò improvvisamente Desirée, staccando lo sguardo da lui.
« Perché? »
« Non si capisce bene, sembri molto giovane » Il Principe della Notte alzò con indifferenza le spalle.
« Perché mai avrei dovuto contare gli anni, in questo luogo non si di­stingue il giorno dalla notte. Non accade mai niente » Desirée si voltò verso di lui perplessa.
« Vuoi dire che non t’importa sapere quanti anni hai? » effettivamente non sembrava interessato all’argomento.
« Nel castello vi è una stanza preposta alle attrezzature che misurano i flussi del tempo, comprese le diverse varianti » il tono della voce era nuo­vamente freddo e distante. La guardava dritto negl’occhi, le parole erano cordiali, ma il suo volto parlava di disprezzo. « Se lo desiderate potrete vederla. Domani vi farò visitare il castello, a patto che non faciate altre stupidaggini. Adesso vi prego di perdonarmi, ma ho da fare. Buonanotte Signora ». Si voltò per andarsene, aveva appena raggiunto la porta, quando Desirée lo richia­mò.
« Malus » la mano del giovane mago era casualmente appoggiata sulla parete, sentì le mura sussultare al suo nome. Come se non fosse accaduto nulla, si voltò, la ragazza era troppo ingenua per potere anche solo intuire ciò che aveva causato.
« Desiderate? » la voce era ostile. Gli occhi di Desirée, che fino a quel momento erano stati raggianti, si velarono di tristezza, voleva dire qualcosa, ma sembrò mancarle il corag­gio, infine domandò la prima cosa che le venne in mente.
« I mostri non torneranno più ? »
« No, non oseranno » rispose deciso.
Detto ciò, lasciò la stanza scomparendo nell’oscurità. Non aveva biso­gno della luce, sua nemica, per muoversi nello sconfinato intrico di sale e corridoi del castello, si diresse a passo veloce verso il cuore del suo regno, la sala del trono dalle slanciate finestre blu, il soffitto retto da un fantastico gioco d’archi, sotto il quale rilucevano le stelle del firmamento, come se fossero imprigionate dall’architettura. Entrato si sedette sul freddo trono di pietra ed argento.
« Portami da bere » ordinò con rabbia ad una silenzio­sa guardia, che scomparve immediatamente, la­sciandolo solo ad os­servare la pallida luce delle stelle, senza riuscire a distogliere la mente dalla ragazza e soprattutto dalle sue parole, che, dette con ingenuità, erano state più pungenti di quelle pronunciate nell’impeto della rabbia.
Le vecchie mura del castello avevano tremato, quando aveva pronun­ciato il suo nome, violando senza saperlo una maledizione.
Prese in mano il calice d’oro tempestato di gemme, sorseggiò distrattamente il vino, non sarebbe bastato un in­tero mare di vino, per fargli dimenti­care di avere udito pochi minuti addie­tro per la prima volta pronunciare il proprio nome. Fino ad allora non si era reso conto di quanto gli fosse pesato quel silenzio che lo aveva circondato fin dalla nascita, il dolore esplose nel silenzio eterno.
Soffocando un singhiozzo scaraventò via la coppa. Il suono si ri­percosse per le sale, por­tato lontano dall’eco, intanto la rabbia del Principe della Notte cresceva, sospinta dalle frasi che non cessavano di ripetersi nella sua mente " Quanti anni hai? " e ancora “Malus”. Quanti anni d’assoluto silenzio aveva vissuto il suo giovane cuore? Il blu della notte nei suoi occhi assunse il colore del sangue dei nemici e la forza dell’odio. Le tenebre della notte coprirono le stelle dentro e fuori il castello si spanse l’oscurità, come una nube malefica si allungò sul mare aggitato, insensibile alla forza del vento, servo della maledizione.
Desirée, invece, era rimasta un attimo a fissare intimorita la porta dalla quale era uscito, poi aveva girato su di sé rimirandosi nello splendido abito, ripensando allo sguardo deciso e pericoloso del Principe della Notte. Si tolse l’abito dei so­gni, lo depose con cura sulla sedia accanto al letto e si coricò, rimanendo a guardare semiaddor­mentata le fiamme ondeggianti nel camino, che sembrano danzare per lei una danza esotica.
“ È davvero tanto carino, forse è addirittura il più bello che io abbia mai visto, sarebbe l’ideale per una gara con Sophie, tanto non è mai riuscita a battermi: lei gli conturba i sensi, io gli divoro il cuore” sorridendo maliziosamente strinse stancamente il pugno della mano, come se vi volesse imprigionare il cuore del Principe, le palpebre si chiudessero e cadde in un profondo sonno.

Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,5

11 febbraio 2009






- Nella prossime puntata ci siamo finalmente noi! - 27


- L'autore poteva pure risparmiarsi le paggine precedenti, inutile spreco d'inchiostro - 32


- Senza di noi niente è bello - 18


- Noi belli - 11



- Adesso conoscerete il nostro splendido, regale, magnanimo, eccellente, nobile, geniale, potente, arguto, eccelso e amattissimo padrone, alleghiamo immagine - 27
- Prego lettore non credere che noi lecca, semplice istinto di sopravivenza - 18
- lui no magnanimo - 11








TENEBRICUS





L’oscurità era profonda, pesante come il silenzio che la circondava, Desirée tremava, i vestiti erano bagnaticci, non riusciva nemmeno a vedere se stessa, si era rannicchiata in un angolo tentando di evi­tare il contatto con le pareti umide e fredde. L’aria puzzava di muffa ed era irrespi­rabile. Si fece coraggio e domandò a bassa voce.
« Sophie, Gaby, ci siete? » non ebbe risposta. Il corpo era pervaso da brividi di freddo, non riusciva ancora a capire che co­sa le fosse accaduto. Tastando accanto a sé trovò lo zainetto, lo aprì alla ricerca della torcia, ma non funzionava. Con un sussulto di gioia individuò il cellulare, con le mani tremanti lo prese, non aveva campo, ma con la pallida luce del display esplorò quella che si rivelò essere una piccola cella con una massiccia porta di ferro come unica apertura. L’angoscia crebbe, non riusciva proprio a capire cosa fosse successo.
Erano trascorsi solo alcuni minuti dal suo risveglio, quando con un penetrante cigolio la pesante porta di ferro fu aperta raschiando il pavimento, a poca distanza da lei appar­vero diversi esseri dagl’occhi verde fosforescente. Accesero una torcia di legno e resina, illuminando il piccolo vano, ed anche se stessi, mostrando ciò che pareva impossi­bile: il loro corpo era costituito da una densa ombra che aveva la forma di guerriero medievale, l’unica cosa che sembrava materiale erano gl’inquietanti occhi che spicca­vano da sotto l’elmo.
Un guerriero si staccò dal gruppo, si avvicinò a Desirée e le puntò contro un'alabarda, che non sembrava per niente irreale, anzi d’ottimo acciaio, le fece segno di seguirli. Desirée non aveva scelta, tremante ed allo stremo delle forze, dovette andare con gli impalpabili guerrieri ombra.
Il tragitto da percorrere si rivelò molto più lungo di quanto aveva immaginato, le sembrò non avere fine. Era evidente che si trovava all’interno di una qualche antica costruzione di dimensioni giganteshe, data l’altezza dei soffitti e l’estensione dei corridoi. Dopo avere risalito scale che le erano sembrate interminabili, passarono immense sale deserte, spazzate solo dal vento, che penetrava da grandi finestre ogivali filtrando nei lunghi corridoi. Il suo soffio incessante aveva imbiancato di sale la ruvida superficie della pietra, dando luogo a fantomatiche evanescenze, quando la luce della torcia cadeva sui cristalli di sale, conferendo persino ai massicci muri dissolvenze spettrali. Tutto sembrava essere stato abbandonato da molto tempo, ciò che mancava però per segnare il trascorrere del tempo era lo sporco, non c’era polvere o ragnatele, il chè dava un senso di vuoto ancora più oprimente.
Desirée pensò di trovarsi in un complesso architettonico di stile gotico in evidente stato d’abbandono, non c’era traccia di mobilio o altre suppellettili, le sale erano spoglie. Gli unici suoni percepibili erano i suoi passi ed il suo respiro affannato, coperti di tanto in tanto da una raffica di vento più forte che faceva sbattere alcune porte e imposte semiscardinate, la loro eco si rincorreva per l’edificio non era facile capire dove avesse origine, era irreale.
Giunti in un ampio vano circolare, da sotto una porta laterale vide filtrare uno spiraglio di luce artificiale. Le ombre aprirono la porta e la introdussero in una stanza diversa dalle altre, nonostante l’altezza del soffitto, le pareti erano nascoste da scaffali straripanti di libri ed oggetti vari. Al centro su di un ripiano in pietra era poggiata una sfera di cristallo, che emanava una pallida luce, diversa da quella irrequieta e calda proveniente dal fuoco che ardeva nel grande camino alla sua sinistra.
Al suo arrivo la luce all’interno della stanza aumentò. Desirée scorse un uomo seduto su una cattedra di legno intagliato parzialmente nascosto dal bordo della li­breria, indossava un lungo abito di velluto rosso di foggia medievale e te­neva un libro aperto sulle ginocchia, lo chiuse lentamente e la osservò con attenzione.
« Accomodatevi Signora » disse infine, la voce era calma e cordiale, ma lasciava trasparire un velo di minaccia, era gelido come il castello, le indicò una poltrona accanto al fuoco, quasi di fronte alla sua.
Desirée completamente infreddolita fu lieta di potersi sedere al caldo.
« Benvenuta, spero abbiate fatto un buon viaggio »
« No, schifoso! Peggio è difficile » rispose Desirée, concentrandosi sul benefico calore del fuoco, tentando di reprimere i brividi di freddo che la scuotevano visibilmente.
« Perdonatemi mia Signora, se non mi sono presentato prima, il mio nome è Malus, il sacro pomo del Sapere. Sono il Principe della Notte, ultimo discendente della glo­riosa stirpe...» Desirée, cui il fuoco sembrava avere in breve tempo ridato energia, lo interruppe bruscamente.
« Sinceramente di questo non me ne frega assolutamente niente, e non ti permettere di chiamarmi tua signora! Non ti conosco e non ti voglio conoscere, voglio solo andare a casa »
« Sono desolato, ma purtroppo mia Signora temo di non potervi accontentare, inoltre ciò che stò per dirvi credo sia d’estrema impor­tanza per voi » la corresse l’uomo con tono di scherno, Desirée si volse verso il fuoco, mandandolo mentalmente a quel paese.
« Desidero, infatti, che sappiate che voi siete l’ultimo discendente dei nostri acerrimi ne­mici: i Rankhal, i grandi Maghi dell’estremo nord. Furono costoro che più di mille anni orsono distrussero il nostro regno, annullando i nostri poteri al di fuori di queste mura, nelle quali ci rinchiusero, condannan­doci all’eterna solitudine ed al silenzio assoluto. Il nostro annienta­mento non li soddisfaceva a pieno. Malvagi, vollero che continuassimo a vivere in eterno la nostra morte, estendendo la pena alle generazioni future. Per quanto mi concerne sto pagando una colpa di cui si è persa la memoria » adesso la sua voce pur restando cordiale vibrava scossa dall’odio.
« Beh, per quanto mi riguarda non ho mai sentito quel nome, inoltre i maghi esi­stono solo nelle fiabe, come pu­re elfi, gnomi e altre scemenze del genere. Vorrei solo capire che ci faccio in questo posto da incubo, è tutto così irreale che mi sta venendo l’emicrania » rispose senza nemmeno guardarlo allungando le mani verso il fuoco. Gli occhi violacei del Principe della Notte lampeggiavano di luce sadica, cominciava a divertirsi a fare il gioco del gatto col topo, si adagiò allo schienale soddisfatto.
« Tutte creature comuni in questo mondo, Signora, poiché per quanto vi possa dispiacere, stupire o sembrare impossibile, non siete più nel vostro mondo, ma in uno a questo paral­lelo.» La ragazza lo fissò un attimo, poi tornando a guardare il fuoco crepitare intensamente nel camino, disse.
« Ridicolo, questa non è altro che la vendetta di Sophie, deve avere organizzato il tutto con quel suo amico produttore cinematografico, che fa quei film inguardabili. Mica sono scema, non credo ad una parola di quello che hai detto »
« Che ci crediate o meno non cambia niente. Credo che da voi la definiscano pittorescamente "altra dimensione". Da noi la scienza druidica è molto più avanzata della vostra e vede la teoria dei mondi paralleli quale assodata, benchè il passaggio da un mondo all’altro sia possibile solo ai vati più esperti. Adesso siete oltre confini occidentali della Terra di Mezzo, più precisamente nel castello chiamato Te­nebricus. La mia umile dimora, dalla quale voi non uscirete più, viva s' in­tende. Vi scon­siglio di dubitare delle mie parole, poiché, quale discen­den­te dei più potenti maghi e Signori della Notte, non mi sba­glio » poi con un sorriso maligno aggiunse:
« Mai »
« Ah no? E allora, sempre ammettendo che tutto questo sia vero, che cosa ci fai rinchiuso in questa bara di pietra come un babbeo? » gli rispose con un sorriso altrettanto maligno concludendo con un sarcastico « Mio Signore ». Aveva messo il dito nella piaga, il Principe della Notte sbattè il libro nello scaffale e scattò in piedi furente.
« Questa volta saranno i Rankhal ad essere scon­fitti, per quanto mordaci possano essere le vostre ultime parole, sono solo dei suoni, che saranno inghiottiti dalle te­nebre e dimenticati, come il vostro stesso nome e con esso la vostra maledetta stirpe di carogne. Un nome non è che un suono, un’eco che si perde nel vuoto » però Desirée sembrò non es­sersi impressionata più di tanto per le minacce, giocherellando con le dita tra le fiamme del camino, ribattè irriverente.
« Gli ha dato di volta quel po’ di cervello che ha. Mio affabile sovrano, non dimenticate che le parole sono l’arma più pericolosa e potente data all’uomo, e poi, sai che soddisfazione ammaz­zarmi per poi rimanere chiuso qua dentro in eterno, non è che per caso la solitudine ti ha spappolato la mente? ».
« Mors tua, vita mea. Sono occorsi secoli ed infinite ore di ricerche, ma in fine siamo riusciti a scoprire la via per annullare la maledizione »
« Davvero? E sarebbe? » rispose, alquanto scettica sul fatto che uno dei suoi, sia pure ipotetici antenati, avesse potuto commet­tere un errore in una que­stione di prima importanza. Si sedette più comodamente al fine d’ascoltare meglio, intanto che il Principe della Notte parlando si aggi­rava nella stanza.
« Per sconfiggere le allora immani forze delle tenebre, fu forgia­ta nelle terre del Nord una spada, solo la vista della quale era sufficiente ad annientare interi eserciti...» ma fu nuovamente interrotto.
« Che noia, siamo all’ennesima rielaborazione di Exca­libur, mancano solo la fata Morgana ed il Signore degli Anelli. Deprimente, se pure sir Lancilotto non deve essere stato male, non mi spiacerebbe molto incontrarlo. Senti lascia da parte Excalibur e parlami del Lancilotto » annoiata si voltò nuovamente ad osservare il fuoco, lasciando cadere mollemente un braccio verso il fuoco, come se volesse giocarci con le dita.
« Vi prego di non interrompermi con osservazioni stupide » le intimò l’uomo irritato dalla sua sfacciataggine e riprese il raccon­to. Desirée lo guardava solo di tanto in tanto con sufficienza e aria annoiata.
« Che palle… » Il Principe della Notte la fulminò con lo sguardo, non si era aspettato un simile comportamento dalla sua prigioniera, riprese.
« La sacra spada assorbiva al suo interno la luce abbagliante, quale può esserlo unicamente la luce del Paese delle Nevi Eterne. Riassumeva in sé la genialità dei suoi costruttori, donando l’invincibilità a chi la possedeva.» Desirée con la mano gli fece cenno di stringere, il Principe della Notte finse di non vedere « Fu con questa spada che i miei antenati furono sconfitti, poiché nessun maleficio o magia poteva tenerle testa. Sfortuna nostra volle che il Mago del Nord fosse molto accorto, pertanto intuì che un potere talmente grande avrebbe finito col corrompere persino gli animi più retti, che avrebbero rischiato di servire, loro malgrado, le stesse forze che egli aveva sconfitto. Così dopo la vittoria distrusse la spada, disseminandone i pezzi in tutti i mondi a lui conosciuti, scomparendo egli stesso. La­sciando questo mondo portò con sé un componente di vitale impor­tanza, ed è stato proprio quel frammento che io ho seguito per di rintracciarvi e che voi portavate al collo quando siete giunta qua »
« Un anello per unirli, un anello per ghermirli… corsi e ricorsi storici. Mi sembra di capire che in quest’arco di tempo voi abbiate ritro­vato tutti i pezzi »
« Supposizione corretta, con quella spada sarò in grado di riprendermi quanto un tempo fu dei miei antenati, e vendicare una condanna emessa mille anni prima che io nascessi. Esattamente tra cinque giorni, quando in cielo risplenderà la costel­lazione, che riluceva al momento in cui fu forgiata, i frammenti della spada si riuniranno l’un l’altro tenuti insieme dal sangue dell’ultimo dei Rankhal, inutile sottolineare che si tratta del vostro, e quando que­sto scorrerà a Tenebricus, anche la maledizione imposta dal più potente di voi si estingue­rà insieme alla vostra stirpe. Come potete ben vedere, Signora, prendo due pic­cioni con una fa­va »
« Non per sminuire il tuo entusiasmo da fanatico di bassa leva, ma tutto quello che hai detto è semplicemente insensato, pertanto temo che avrai un’amara delusione, se non altro perché tutte le storielle di questo genere terminano sempre con la vittoria dell’eroe buono e la morte del principe cattivo, e questo senza eccezioni. Inutile dire chi sia qui il cattivo »
« Potrà sembrarvi poco plausibile, ma è la realtà. Desidero inoltre cogliere l’occasione per rammentarvi che, purtroppo per voi, la realtà ha poco a che vedere con le fiabe a lieto fine, forse è per questo che spesso si dice che è amara. Vi tocca bere un calice amaro ».
Desirée lo guardava perplessa.
« Perdonatemi, dimenticavo un’ultima inezia: è inutile che tentiate di fuggire e lasciare il castello, se non ci sono riuscito io con i miei poteri, non penso possiate esserne capace voi, per cui mi auguro che non creiate ulteriori seccature. Buonasera »
« Perché ti do pure fastidio? E ma ci vuole faccia tosta… »
« Senza offesa, ma la vostra vista è esecrabile » concluse il Principe, con un gesto della mano ordinò ai guerrieri ombra di condurla via.
« Ma vedi d’andare a farti f… » stava per ribattere, ma le guardie l’ avevano già afferrata per un braccio e la stavano strascinando via, dandole solo il tempo di gridare.
« Bastardo dentro e fuori! Figlio di…»
Più che spaventata era avvilita, aveva capito di trovarsi in pericolo, pur non comprendendo bene quanto, cercava freneticamente una soluzione, un qualcosa che l'avrebbe aiutata a sfuggire da quella situazione decisamente pazzesca.

Malus di NLM.Latteri, romanzo online, volume I,4

08 febbraio 2009


Ruderi



Tempo due giorni, e come promesso Gaby era riuscita ad individuare una parola che sembrava essere il toponimo di un luogo non molto distante dalla loro cittadina, così decisero di andarlo ad ispezionare al più presto.
« Eccoci arrivati, con la macchina non possiamo andare oltre » disse Sophie, accostando lo spiderino ai bordi della strada in terra battuta. Gaby era seduta dietro insieme a Falstaff, le braccia incrociate sul petto per sottolineare il malumore che il broncio sembrava non esprimere a sufficienza.
« Mi è perfettamente chiaro, che una volta scoperto che nel messaggio è menzionato l’antico nome del mona­stero di Seelamp voi voleste andarci, ma non capisco per­ché questo non potevamo farlo di giorno alla luce del Sole? ».
« Prima avevamo da fare, siamo personcine molto impegnate » controbatté Sophie aprendole la portiera.
« Tra l’altro per quel coso con gli occhi rossi sembra non esserci molta differenza tra giorno e notte, dato che è venuto a trovarci di mattina » aggiunse Desirée, metten­dosi sulle spalle lo zaino, ma Gaby protestava ancora.
« Si tratta di una struttura abbandonata »
« Bella forza, se ci fossero ancora i monaci, credi che permetterebbero a tre graziose ragazzine di venire a curio­sare nel cuore della notte? » Le fece notare Sophie, sbat­tendo la portiera della macchina, esasperata dai discorsi che aveva dovuto ascoltare durante tutto il tragitto.
« Ma… è abbandonato proprio perché porta male »
« Andiamo, tanto, se la conosco bene, prima che avremo raggiunto il monastero, ci avrà raccontato tutti i fat­tacci ri­guardanti questo posto, in modo da potere condivi­dere con noi la sua paura » osservò scherzosa­mente Desirée, avviandosi lungo la strada che s’inoltrava nel bosco, dove già scorazzava allegramente Falstaff annusando eccitato l’aria della sera.
« Lei è molto loquace quando si tratta degli altri, ma mai dire cosa si nasconde in cantina, vero?! » Gaby fece finta di non avere sentito il rimprovero di Sophie e tentò di spiegare alle amiche i propri timori.
« Fu fondato intorno al nono-decimo secolo, pare su resti di un santuario pagano, come sapete in queste zone il paganesimo sopravvisse a lungo ...»
« Finora l’unica cosa eccezionale è il sottomarino in cantina » forse Sophie aveva preso male la questione della cantina.
« Fu saccheggiato e tutti i monaci trucidati dai Nor­manni »
« Sì, ma non bisogna prendersela personalmente, quelli massacravano tutti indistintamente, erano fatti così, non c’era cattiveria » commentò Desirée sostenuta da Sophie.
« Non mi toccate i Normanni! Se non avessero invaso queste zone probabilmente non sarei stata così alta e bion­da, ma sarei stata ...» stava per dire celta e bassa, ma guardò Gaby e preferì non proseguire per la propria incolumità, intanto Desirée stava ridendo di gusto, sapendo che osservazioni così pro­fane mandavano in bestia la piccola furia rossa sinceramente legata alle proprie ideologie progresiste.
« Che egoismo, solo perché tu mille anni dopo...»
« Dai continua » l'interruppe Desirée, onde evitare un’ulteriore battibecco. Gaby sbuffò seccata e proseguì col racconto.
« Tra saccheggi ed incendi di varia origine è stato di­strutto tanto spesso che nel quattordicesimo secolo è stato abbandonato definitivamen­te. Eccolo! » esclamò indicando oltre gli alberi del bosco una massa scura dai contorni irregolari, che si stagliava contro il cielo grigio tenuemente illuminato dalla pallida notte. Tutt’intorno vi era un desolato piano erboso, spazzato dal vento che giungeva fin lì dal vicino mare.
« Non finisce qui, tutti coloro che da allora hanno com­prato il terreno sono finiti male »
« E lo credo, bisogna essere fessi a comprarsi una landa desertica come questa, che reddito potrà mai avere, che cosa può produrre? Guarda un po' che terra, c' è da stupirsi che ri­e­sca a crescere l’erba. » disse So­phie dando un calcio a una zolla sassosa.
« Voi state cercando di farmi credere d’essere l’unica ad avere paura, ma la verità è che voi non avete nemmeno il coraggio di ammetter­lo, invece, quando siete sole, la sera guardate sotto il letto per paura che vi sia un mostro »
« Io non ho mai negato di guardare sotto il letto ... e saltuariamente in qualche altro posto, dipende » ammise Sophie, ma Desirée la schernì con una sonora risata, ag­giungendo con aria superiore.
« A me non verrebbe mai in mente di guardare sotto il letto »
« Per forza ci sono i cassetti! Non c' è posto nem­meno per un mostro nano.» intervenne Gaby sempre più seccata, mentre Sophie coglieva l’occasione per chiedere.
« Desirée, ma a casa tua, ai tempi in cui era ancora una locanda, non è stato commesso uno di quei delitti famosi? Non avete i fantasmi?».
« No, è accaduto in una piccola bettola ai piedi della collina, credo che sia stata uccisa una contessa fuggita con l’amante. Una di quelle storie torbide, che nes­suno riesce a capire proprio perché torbide. La bettola fu trasformata in stalla. Un mio antenato ha solo com­prato l’insegna e l' ha attaccata da­vanti a casa nostra, sapessi i soldi che si è fatto, la gente veniva da tutta la Francia per sentire la storia della contes­sa, ovviamente un po' impreziosita. »
« Ma… scusa, la gente del posto sapeva che non era la locanda originale » obiettò Sophie.
« Sai come sono da queste parti, la birra era buona e la pubblicità è l’anima del commercio, e poi già allora era una copertura » spiegò Desirée.
« Tanto qualche decennio dopo hanno preso a tagliare la testa a tutti quei bastardi nobili » si sfogava Gaby.
« Altra occasione in cui può risultare reditizzio avere una locanda vicino al mare » si vantò Desirée, mentre Gaby rimarcava la sua osservazione con un « Altroché ».
Chiacchierando avevano quasi raggiunto i ruderi del monastero, adesso si vedeva bene una parte più mal ri­dotta: costituita da di­versi piccoli edifici, che in tempi lontani erano stati un monastero, addossati ad una struttura più imponente ed in parte anche meglio conservata, che dalla forma della facciata non poteva essere altro che la chiesa abbaziale.
Giunte sulla soglia, di quella che era stata una chiesa, rimasero però un po' deluse: il soffitto era completamente crollato, tra­scinando con sé gran parte dei colonnati e delle pareti laterali. L’interno era ingombro da grossi pezzi di muratura e colonne divelte, c’erano vistose brecce anche lungo le pareti laterali. L’unica parte che riusciva ancora a tenere testa all’impetuoso vento del mare, era il muro di fondo del coro.
« Qua ci cade qualcosa in testa ragazze» osservò preoccupata Desirée, che con la torcia elettrica ispezionava l’interno dell’edificio.
« Adesso che siamo qui, vediamo di capirci qualcosa. Gaby prendi il foglietto » disse Sophie a Gaby, che stava già frugando nelle proprie tasche.
« Ecco qua, dobbiamo riuscire a trovare qualcosa » disse spiegando il foglio, mentre Desirée le faceva lu­ce.
« Come vedete non è un semplice testo, ma una successione di quatro frasi, che hanno tutta l’aria d’essere indovinelli. Nel secondo brano si trova il nome di questo posto, sembra evidente che chi l' ha scritto non voleva essere capito da chiunque, ma solo da chi possiede la chiave di lettura di questo rebus. Destinatario che ovviamente non siamo noi, altrimenti avremmo saputo in che modo interpretare il tutto, perché non si manda un messag­gio segreto a qualcuno, se questi non è in grado di ca­pirlo. Tecnicamente si dice che ci manca la chiave di decodificazione »
« Probabilmente la soluzione del messaggio si trova nelle risposte degli indovinelli che dovrebbero costituire una frase » arguì Sophie.
« Sinceramente credo di no Sophie, piuttosto penso che sia un volu­to depistaggio, altrimenti uno degli indovinelli non avrebbe contenuto il nome di un luogo realmente esistente. La soluzione è ben nascosta all’in­terno di queste frasi »
« La terza allora dovrebbe contenere un’indicazione più precisa su cosa cercare. Il bello è che siamo qua senza nemmeno avere un’idea di quello che stiamo cercando »
« Purtroppo Sophie, Gaby ha tradotto solo le prime quattro righe, dobbiamo cercare di capirci qualcosa da sole. »
« È stata un’impresa non da poco » precisò Gaby rimettendosi in tasca il foglio.
« Sì, lo sappiamo, non era una critica, siamo solo molto curiose, lo sai » precisò Desirée.
« Pensa, se ci fosse un tesoro e qualcuno arrivasse prima di noi » aggiunse Sophie.
« Dato che l’ultima volta è stato abbandonato voluta­mente e con tutta calma, non penso che abbiano lasciato qual­cosa di prezioso.» osservò Gaby oltrepassando i resti del portale ed inoltrandosi lentamente all’in­terno, seguendo Falstaff che sembrava avere intuito la loro meta e correva avanti.
« Perché ti avventuri là dentro, se non sai nemmeno cosa stai cercando? » le gridò dietro Sophie.
« Il testo fa evidentemente riferimento a qualcosa di germanico o celtico sicuramente non cristiano. Tipo gli occhi rossi che abbiamo visto, quindi essendo abitudine della chiesa dei primi secoli erigere chiese in luo­ghi sacri alle di­vinità pagane, in parte allo scopo di sostituire nelle usanze e nella memoria popolare un culto pagano con uno cristiano, ed in parte per esorcizzare il potere malefico delle divinità con la presenza santa della chiesa, dobbiamo cercare questo qualcosa nel posto più sacro dell’edifi­cio. Semplice! » urlò Gaby alle altre due che erano rimaste indietro.
Incespicando tra le macerie e facendosi largo tra i rovi raggiunsero in­fine la zona absidale, della quale rimaneva solo la parete di fondo, che s’inalzava dietro un consistente ammasso di macerie.
« Fantastico, adesso che ci siamo, che vi aspettate di tro­vare, un cartel­lo con scritto sopra: "Qui soluzione del miste­ro"?» osservò pensierosa Sophie guardando i ruderi che le sembravano quanto di più insignificane ci fosse.
« No, ma qualche indizio » rispose Gaby guardandosi intorno, senza sapere che fare.
« Doveva essere molto bella una volta » disse Desirée, illu­minando con la torcia quanto restava delle alte finestre dell’abside.
« Guardate! Quella fessura, potrebbe dare accesso alla cripta » esclamò entusiasta in quell' istante Gaby.
In basso alla loro destra, in effetti, si apriva una fessura in parte ostruita dai resti di un pilastro caduto sembrava essere stata messa in vista da un re­cente crollo, era larga appena quanto bastava per permettere il passaggio di una persona.
« Vai avanti tu Gaby, che sei più piccola » le suggerì prudentemente Sophie, Gaby senza riflettere molto sulla proposta, vi s’infilò con agi­lità felina, seguita da Falstaff, dopo un po' la udirono gridare
« Qua dentro è tutto ancora in perfetto stato di conservazione, è fantastico. Ve­nite a vedere! »
« E... il soffitto come è, pericolante per caso? » domandò Desirée.
« No, dai venite! Che avete paura?»
« Bisogna tenere presente che la ragazza è un tantino in­cosciente » suggerì Desirée, Sophie la guardò per un attimo titubante, dicendo infine risoluta.
« Andiamo » e si calò anch' essa nell’aper­tura, lasciando Desirée sola a decidere se seguirle o no.
Si era intanto levato un vento freddo e nubi scure si stavano ad­densando sopra di loro, Desirée impensierita alzò lo sguardo e si guardò intorno, le forme e dimensioni delle nuvole le parvero celare qualcosa d’inquietante.
Un brivido le passò la schiena, all'improvviso senza capire perché ebbe paura, fece per seguire le sue amiche, ma la prudenza la trattenne, scrutò ancora l’interno che appariva sinistro e chia­mò.
« Sophie, Gaby, siete lì? Rispondete! » Non ottenne alcuna rispo­sta, nè udì alcun rumore, « Smettetela di fare stupidi scherzi e venite fuori! Sta per piovere. Ehi! Mi avete sentito? ».
Le rispose solo una fioca eco coperta dal vento che aumentava d’intensità e agitava i rovi pendenti dalle rovine come tante scarne braccia protese verso di lei.
L’essere rimasta sola in quel luogo le metteva ansia, così s’allontanò dall’apertura, dirigendosi verso un punto più alto sgombro dalle macerie che le offriva un’ampia visuale. Le nubi stavano coprendo la Luna.
« Dunque » si disse « Non bisogna farsi prendere dal panico, an­che se, data la situazione, potrebbe essere giustificato. A tutto vi è una spiegazione razio­nale e logica: potrebbero avere trovato un'altra uscita ed essere già tornate alla macchina. Deve essere così, come ho fatto a non pensarci prima ». Rincuorata, saltò giù dalle macerie e si diresse in fretta verso la sua destra, dove un crollo aveva aperto una breccia nella parete esterna della chiesa. A metà tragitto, si spense la torcia elettrica. « Male­dizione! Mi mancava solo questo » presa da un attacco di panico, cercò freneticamente di riaccenderla senza riuscirci. Si guardò impaurita intorno, era tutto buio, spinta dalla necessità e dalla paura proseguì, raggiungendo in pochi minuti e senza ulteriori pro­blemi l’esterno dell’edificio. Una volta fuori da quelle inquietanti rovine si sentì più sicura e si diresse verso il sentiero in terra battuta dal quale erano venute.
Dopo qualche passo, insospettita, si fermò ad ascoltare: non si per­cepiva più al­cun rumore. Il vento, che aveva sospinto così velocemente le nubi a rico­prire la Luna, adesso si era placato, non si udiva più nulla, era inquietante. Si guardò attorno, scrutò attentamente l’ombra nera proiettata dalle mura, le parve di scorgere qualcosa, aguzzò lo sguardo senza riu­scire ad individuare niente, pur riuscendo a vedere attraverso l’oscurità. Udì uno scricchiolio alle sue spalle, si voltò di scatto e vide dinanzi a sé dei minacciosi occhi verdi, tentò di indietreggia­re, ma qualcosa di gelido l'afferrò per la gola e le coprì la bocca, l’oscurità divenne totale.

Nuovo romanzo. Purtroppo è accaduto

01 febbraio 2009

<< Era nell'aria: Tradimento!!! >> 16
<< Abbiamo scovato le prime pagine di un nuovo romanzo, eccco cosa stava facendo il nostro scalcagnato autore! ci tradisce, altro che non ha tempo ed è incasinato >> 18
< Per favore gentile lettore digli che fa schifo, così non scrive più >> 27


Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio,
perché forte come la morte è l’amore…

Le grandi acque non lo piegheranno
I fiumi non lo travolgeranno.

(Cant. 8,6-7)




La tempesta

Dita bambine tracciavano frenetiche cerchi nella sabbia.
Non si capiva se fosse giorno o notte, estate o inverno. La natura tratteneva il respiro e ascoltava la falsa quiete. Le foglie bagnate specchiavano sinistri bagliori troppo vicini.
Le lacrime scivolavano sul volto mentre lo sguardo si perdeva nell’infinità dell’oceano in tempesta, freddo il riflesso della spada sanguinante che teneva nella destra, intorno a lui si muovevano lunghe ombre scure. Strinse gli occhi cercando di contenere il dolore, le labbra pallide tremavano pronunciando l’antica supplica.
« Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio » Aprì gl’occhi, adesso guardava la spuma delle onde sollevarsi violenta verso il cielo, il silenzio fu colmo della sua voce.
« Perché forte come la morte è l’amore » un gemito gli bloccò la voce, a fatica senza riuscire più a vedere per le lacrime proseguì « Le grandi acque non lo piegheranno, i fiumi non lo travolgeranno » portò le mani al cuore stringendo l’elsa della spada, si piegò per il dolore che gli strappava il cuore togliendogli il respiro, cadde in ginocchio ripetendo disperato.
« Forte come la morte è l’amore, come la morte ». si appoggiò alla spada esausto.
Non era solo, si voltò di lato qualcuno lo stava osservando nascosto tra il fogliame.
« Che fai qui piccolo è pericoloso »
« Bel signore, perché piangi? » rispose il bambino.
« Ho perso il mio amore »
« Era un grande amore? »
« Assoluto »
« Ti hanno fatto molto male bel signore? »
« Ora niente ha più senso »
« Come ti chiami bel signore? »
« Nemmeno questo ha importanza »
« Anche se sono piccolo, posso aiutarti »
« Nessuno mi può aiutare, vattene non puoi stare qui »
« Sto cercano mio fratello, puoi aiutarmi a ritrovarlo? » scosse il capo desolato.
«È perduto» e riprese a guardare a largo, dove la tempesta esplodeva divorando famelica l’orizzonte, ma il bambino insistette.
« Non posso lasciarlo qui a loro… Lo capisci questo?»
« Non dovevate venire a giocare nella foresta col buio, è pericoloso » il bambino sembrò indeciso e timoroso suggerì.
« È colpa mia, solo mia. Se non puoi più salvare il tuo amore, puoi salvare mio fratello » vedendo che non rispondeva aggiunse « è anche quello amore, salvando lui salverai anche il tuo amore » e ripeté più forte come se volesse richiamare qualcosa di lontano, perduto « Amore »
« Non è possibile » chinò la testa guardando le macchie di sangue intorno alla spada, ma tremando il bambino insistette.
« Per favore, siamo solo bambini, per il tuo amore perduto fallo tornare » Il mare stava crescendo, aveva già divorato la spiaggia sottostante e risaliva la scogliera, il fragore si faceva di nuovo assordante. Il bambino non demordeva, era inginocchiato con la fronte poggiata per terra e ripeteva sottovoce « Amore ».
« Va bene, tornerà. Tornerà come la tempesta, come l’onda del mare che torna a infrangersi sulla spiaggia, tornerà, ma tu piccolo non hai paura? »
« Ho paura solo di quelli, la tempesta è mia amica »
« No, piccolo la tempesta non è amica di nessuno »
« Per il tuo amore salvalo »
« Tornerà. I tuoi cerchi non fermeranno l’uragano. Sei sicuro di volerlo? » si voltò andando via confondendosi tra le ombre della foresta e i bagliori dei fulmini. La foresta si piegò sotto la forza del vento, l’uragano era tornato e gridava la sua rabbia. La furia dei cavalloni sembrava volere divorare le rocce strappando via con odio qualsiasi cosa riuscisse a raggiungere. Lentamente il bambino alzò la testa e si guardò intorno, il vento aveva soffiato via i suoi cerchi, era solo e indifeso, si alzò, tremava, una scia di sangue si addentrava nella foresta, lo scrosciare della pioggia la stava lavando via, gli occhi color del mare si riempirono di lacrime, aveva perso tutto prima ancora di conoscere l'amore. Era un bambino solo nella foresta ed intorno a lui la tempesta.
 
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