« Dicono che è ora di pranzo e che non vi potete ancora stancare molto ».
« Dovete andare subito, è il padrone che lo ordina », aggiunse un altro tristemente.
« Non fa niente, andremo dopo mangiato », li consolò Desirée allontanandosi nel corridoio buio.
Nel pomeriggio riapparvero i piccoli mostri, ben felici di portarla, come promesso, a vedere la sala del trono, parlottavano incessantemente tra loro interpellandola di tanto in tanto riguardo alle loro questioni.
« Ma voi come vi chiamate? » li interruppe d’un tratto Desirée.
« Come sarebbe, come ci chiamiamo? »
« Ognuno di noi è contraddistinto da un numero ».
« Sarebbero i numeri di serie con cui ci ha progettati il padrone », precisò l’anziano, specificando di essere il numero 16.
« Veramente volevo sapere, se la vostra specie ha un nome ».
« Che cos' è una specie? ».
« Il vostro tipo di mostruosità, come si chiama? »
« Terrificante! » Le rispose il mostro più vicino, ma si prese un pugno per non avere capito a che cosa si riferiva la ragazza.
« Noi non abbiamo un nome », le disse tristemente 27 ingoiando con un singhiozzo la bava che gli colava dagli angoli della bocca.
« Signora, si può essere dei mostri non avendo un nome? » s’infornò ansioso un altro.
« Potresti chiedere al padrone di darci un nome? »
Desirée annuì, pur avendo il presentimento, che se fino ad allora il Principe della Notte non aveva ritenuto necessario dare un nome alle sue creature, probabilmente non lo avrebbe fatto nemmeno in futuro.
Così ripresero il cammino, con i mostri che, eccitati dall’idea di potere avere un nome, iniziarono a inventarne innumerevoli, senza però riuscire a trovare un vago accordo nemmeno sul genere di nome che volevano.
La sala del trono costituiva il nucleo centrale intorno al quale si sviluppava l’intera costruzione, con la sua altezza eccezionale determinava le dimensioni e la posizione degli appartamenti privati, che si trovavano ai piani immediatamente superiori.
Desirée e i mostriciattoli dovettero scendere diverse scale per raggiungerne il livello dell’entrata posta alla fine di un lungo e buio corridoio con minacciose statue in armatura addossate alle pareti, che con la loro mole intimidivano chiunque si fosse soffermato dinanzi a loro, perché inquietantemente realistiche, nell’ombra di ognuna aleggiava silenzioso un Alp.
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